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“Fotografata nella camera ardente”, nuovi risvolti nel caso Orlandi: “L’altra donna” e la pista dei soldi

Pubblicato il 10/08/2023 22:07

Sopita per decenni, la angosciante vicenda di Emanuela Orlandi, scomparsa – anzi risucchiata nel buco nero dei grandi misteri italiani, e sono tanti – nel luglio del 1983, è prepotentemente tornata alla ribalta nell’ultimo anno, forse grazie alla docuserie internazionale Vatican girl, cui per inciso collaborò il compianto Andrea Purgatori, che seguì la vicenda sin dall’inizio. Anche noi abbiamo scritto più di una volta sulla sventurata Emanuela e sulla sconfortante cornice della sua vicenda, da ultimo citando la misteriosa “pista di Boston”. Oggi, forse, un po’ meno misteriosa. All’indomani dell’individuazione da parte della Procura di Roma di una donna oggi 59enne coinvolta nell’invio, sul finire di quello stesso1983, di messaggi dalla capitale del Massachusetts, nell’intricato della “ragazza con la fascetta” torna alla ribalta, prepotentemente, il movente economico, che peraltro non esclude automaticamente gli altri, da quello politico internazionale a quello legato alle pratiche pedofile. Occorre, ora, fare un passo indietro. (Continua a leggere dopo la foto)
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Foto: La prima lettera giunta da Boston (fonte: Corriere della sera)

Le lettere da Boston

Dagli Stati Uniti, in una delle quattro lettere inviate al giornalista Richard Roth, all’epoca corrispondente dall’Italia per l’americana Cbs, si fece accenno, come si può leggere nell’immagine che proponiamo di seguito, alla “soppressione” di una non meglio precisata “cittadina”, che sarebbe dovuta avvenire “il 5 ottobre 1983”, oltre tre mesi dopo la sparizione di Emanuela. Ebbene, a lungo, tale elemento venne quantomeno sottovalutato, se non vogliamo dire ignorato, sino alle dichiarazioni di Marco Accetti. Certo, lo stesso Accetti non pare essere proprio una persona affidabile, eppure questo fotografo romano che si autoaccusò del sequestro Orlandi, senza essere creduto, e che fu anche condannato per aver investito il bambino Josè Garramon, figlio di un diplomatico uruguayano (un altro mistero), ha sovente illuminato dei dettagli e degli indizi che, nel tempo, si sono rinforzati sempre di più. Ed effettivamente, nel 2013, egli diede una spiegazione al riferimento sulla “soppressione” del 5 ottobre 1983. Il riferimento era a Paola Diener, figlia di Joseph Diener, che era addirittura il responsabile dell’Archivio segreto vaticano. La donna morì folgorata nella vasca da bagno esattamente il 5 ottobre 1983, in quello che venne considerato un incidente domestico. Possibile sia stata solo una singolare coincidenza? “A differenza di Emanuela e di Mirella Gregori – dichiarò Accetti circa 10 anni fa, collegando due sparizioni quasi contemporanee e molto simili per le dinamiche – la Diener non doveva essere sequestrata, ma utilizzata a fini di ricatto. Ci serviva una nuova donna per influire sui lavori della Commissione bilaterale riguardante i fatti dello Ior, che avrebbe dovuto consegnare i risultati entro il 30 settembre 1983”. (Continua a leggere dopo la foto)
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La morte di Paola Diener

La conclusione cui giunge Fabrizio Peronaci, il giornalista del Corriere della sera grande esperto del caso Orlandi, è che sia Emanuela sia Mirella Gregori sarebbero state rapite per esercitare pressioni sui membri vaticani della commissione bilaterale sullo Ior, la banca vaticana. “Il 30 giugno 1983 – disse ancora Accetti in un passato interrogatorio – la commissione incaricata di risolvere il contenzioso Ior-Ambrosiano avrebbe dovuto esprimere un parere definitivo e risolutivo sulla vertenza, ma venne aggiornata. I lavori furono rinviati sine die. Tale decisione ci insospettì, per cui le due ragazze vennero ulteriormente trattenute in attesa di comprendere le ragioni del rinvio”. Ma ecco un altro colpo di scena, per quanto dei dubbi non possono non permanere in noi. Infatti, ancora Accetti, sempre dieci anni fa, disse agli inquirenti: “Ritenemmo il fatto assolutamente incidentale, ma lo sfruttammo per far credere che fosse nostra opera, citandolo in uno dei nostri comunicati. Fotografammo il viso della Diener presso la camera ardente e lo mostrammo a chi di dovere”. Il dubbio, dicevamo, rimane: “Facemmo credere di aver soppresso Paola Diener”, incidentalmente figlia, anch’ella, di una personalità nota nella Città del Vaticano. Ancora l’ambiguo fotografo, in merito alla figlia del responsabile dell’archivio segreto vaticano, dice che “la avevamo contattata nei mesi precedenti, un po’ come la Orlandi, per esercitare pressioni su alcuni prelati”. (Continua a leggere dopo la foto)
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La pista economica

La pista economica, si diceva, sarebbe quella che coinvolge lo Ior all’epoca guidato da monsignor Paul Marcinkus (statunitense di Chicago, ed è facile collegarlo alle missive fatte partire proprio dagli USA), la misteriosa morte del presidente del Banco Ambrosiano, Roberto Calvi, e nello stesso anno 1982 il ferimento del suo vice, Roberto Rosone, vittima di un attentato stranamente eseguito da un membro della Banda della Magliana della stessa “fazione” di Renatino De Pedis. Secondo questa teoria, un grande flusso di denaro in entrata vero lo Ior venne distratto verso la Polonia “testa d’ariete” contro la Russia sovietica. Ad ogni modo, la Commissione bilaterale sullo Ior-Ambrosiano, raggiunse infine un’intesa, con la firma nel maggio 1984 del cosiddetto accordo di Ginevra, in base al quale il Vaticano si impegnò a versare all’Italia 250 milioni di dollari a titolo di “contributo volontario”.

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