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Dati sanitari e carta d’identità, la proposta dell’Aifa: come gestiranno le nostre informazioni più sensibili

Pubblicato il 29/12/2022 13:48

Siamo davvero sicuri di esserci lasciati alle spalle il periodo più buio della pandemia, quello durante il quale i diritti degli italiani venivano puntualmente calpestati in nome della presunta lotta al Covid? Un dubbio che sorge spontaneo leggendo gli interventi dei virologi che, negli ultimi mesi, sono tornati a chiedere la massima attenzione visto il boom di contagi in Cina. O proposte come quella del presidente dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) Giorgio Palù. Intervistato da Dario Martini per il Tempo, il professore di Virologia all’Università di Padova ha infatti spiegato: “Il primo passo è riorganizzare il sistema sanitario sulla qualità più che sulla quantità. Per ottenere una maggiore efficienza io partirei dalla base: sanità territoriale e medici di medicina generale. Serve una maggiore sinergia tra territorio e ospedale. Abbiamo accumulato un ritardo notevole nella realizzazione di progetti considerati strategici per il Paese; vedi ad esempio il fascicolo sanitario elettronico”. (Continua a leggere dopo la foto)

“Sono tra coloro che hanno accolto bene l’annuncio del governo di semplificare l’identità del cittadino in un unico documento come la carta di identità elettronica (Cie) – ha spiegato Palù – L’auspicio è che nell’immediato futuro si possa, attraverso la Cie, aggregare e accedere a tutte le informazioni sanitarie dei singoli pazienti rendendole interoperabili su tutto il territorio nazionale”. (Continua a leggere dopo la foto)

La carta d’identità, insomma, secondo Palù dovrebbe contenere anche i dati sanitari. Per riformare il sistema sanitario, invece, bisognerebbe iniziare “togliendo ai medici di base le molte pastoie burocratiche. Si può fare col fascicolo digitale sanitario, ma si può fare anche intervenendo sulle case di comunità, se queste diventeranno delle ‘surgeries’, con strumentazioni diagnostiche, frequentate anche da specialisti, in grado di consentire al medico di medicina generale di discernere chi necessita di pronto soccorso e chi curare a casa. Proprio ciò che è mancato nella pandemia”. (Continua a leggere dopo la foto)

Palù ha poi precisato: “Non ho mai detto che la pandemia sia finita, ho detto che come accezione semantica basata su una datata tradizione virologica si dovrebbe parlare di pandemia riferendoci alla fase iniziale del Covid-19, quando circolava un agente del tutto nuovo e la popolazione era completamente scoperta dal punto di vista immunitario e non c’erano né farmaci né vaccini. Ormai è un anno abbondante che circolano Omicron e le sue sottovarianti. Ho solo voluto sollevare quel velo di allarmismo che è intrinseco al termine pandemia”.

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