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Auto elettriche, panico in borsa. Ecco cosa sta succedendo ai grandi (ma anche ai piccoli) “marchi green”

Pubblicato il 16/12/2023 17:14

Con grande scorno, tra gli altri, dell’Unione europea – dissennata promotrice di politiche sempre più “green”, ma invero sempre più assurde e deleterie – la bolla dell’auto elettrica sta per deflagrare, anzi è già esplosa. L’assurda deadline individuata da Bruxells pare sempre più inverosimile: l’idea malsana, infatti, prevedeva il passaggio al full electric dal 2035 e la contestuale eliminazione della produzione e della vendita di auto a motore. D’altronde, come biasimare chi, al di là del costo ingente, scorge tutte le criticità della mobilità sostenibile, dal rischio dell’autocombustione delle batterie al litio di auto e persino biciclette, alla vita propria che talvolta sembrano avere,  intrappolando le persone all’interno, anche in movimento. I numeri parlano chiaro, e son o incontrovertibili: la massima capitalizzazione di mercato di Tesla ammontava, per fare un primo e assai significativo esempio della sopravvalutazione dei titoli, 1.200 miliardi di dollari, ed è oggi scesa a 770 miliardi.  (Continua a leggere dopo la foto)
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Meno 87%

Il picco di capitalizzazione di mercato combinato delle start up Nikola, Fisker, Rivian Automotive, Lucid, XPeng, Polestar Automotive, Canoo e Lordstown Motors è stato di circa 470 miliardi di dollari, con record verificati dal 2019 al 2021. Questo conglomerato, o se vogliamo questo cartello, di start up oggi, ad appena due anni di distanza, vale “solo” 59 miliardi di dollari. Tale calo è quantificabile in un preoccupante (per loro) meno 87%. Queste stesse nove aziende che operano nella mobilità sostenibile hanno impegnato qualcosa come 46 miliardi di dollari in contanti per costruire le proprie attività, producendo 420mila automobili elettriche nell’ultimo anno. Da un rapido calcolo, risulta una spesa di oltre 100 mila dollari per ogni auto venduta. Non proprio un affare. Tra queste nove aziende, NIO, XPeng – entrambe cinesi – e la statunitense Rivian hanno rappresentato esse sole oltre l’80% delle vendite.  (Continua a leggere dopo la foto)
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Il cambio di strategia

Anche l’industria dell’auto “tradizionale” aveva fortemente puntato sulla mobilità elettrica, ma neppure a loro è andata meglio. È il caso di General Motors, Ford Motor, Stellantis e Volkswagen. La loro capitalizzazione di mercato combinata è passata da un picco di circa 425 miliardi di dollari a 220 miliardi, con un calo di quasi il 50%. Complessivamente, negli ultimi due anni sono stati spazzati via circa 1400 miliardi di dollari di valore di mercato. Se ci siamo occupati già della casa tedesca, aggiungiamo che General Motors e Ford hanno entrambe ritardato gli investimenti per i veicoli elettrici e hanno posticipato gli obiettivi di vendita. Pesano anche il rincaro delle materie prime, dei prodotti energetici e del litio. In assenza di redditività e competitività, la rivoluzione “green” sembra destinata a morire nella culla.  (Continua a leggere dopo la foto)

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I problemi dell’indotto

Ovvie criticità a parte, oggi con i tassi al 4,5% la situazione si è fatta ancora più complessa rispetto a due anni fa. Come ricorda la Repubblica, c’è chi in questi anni ha messo in guardia da prendere decisioni definitive, e ce ne siamo occupati anche noi: il riferimento è ad Akio Toyoda, il presidente del consiglio di amministrazione di  Toyota. Problemi anche per l’indotto: segnali negativi sulla strada dell’elettrico si sono iniziati a percepire con l’autunno. On Semiconductor, che produce chip per le automobili soprattutto elettriche, ha rivisto al ribasso i risultati sul quarto trimestre, cosi come Panasonic, produttore di batterie, che ha tagliato gli obiettivi 2024.

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