C’è qualcuno in Italia, in Europa e nel mondo, che può difendere gli scafisti dei barconi che trasportano migranti nel Mediterraneo, peraltro teatro di più di un naufragio e prossimo a diventare una sorta di cimitero in mare? Sì, almeno in Italia ce l’abbiamo e per lei non sono neppure criminali, bensì “poveri cristi”. Lei è Ginevra Bompiani, classe 1939, figlia di Valentino Bompiani, fondatore della omonima casa editrice. I nostri lettori sanno che ce ne siamo occupati spesso, perché la scrittrice e saggista non è nuova ad affermazioni apodittiche e tranchant, specie da quando si è instaurato il governo di Giorgia Meloni, sino a dire: “Volevano ammazzarli tutti”, in riferimento alla tragedia di Cutro. Parimenti grave ci pare la difesa o giustificazione del traffico di esseri umani, del quale gli scafisti non saranno i principali responsabili ma è indubbio che ne siano una importante pedina. Ora, raccontiamo i fatti: Bompiani era ospite nello studio “amico” di PiazzaPulita, condotto da Corrado Formigli, e il tema, naturalmente, era l’emergenza sbarchi. (Continua a leggere dopo il VIDEO)
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“Meloni e il ministro Piantedosi devono chiarirsi la differenza fra scafisti e trafficanti: gli scafisti sono dei poveri cristi”
— Piazzapulita – La7 (@PiazzapulitaLA7) September 21, 2023
Ginevra Bompiani: https://t.co/oPTeewnIHO#piazzapulita
La versione di Bompiani
In apertura il consueto, drammatico editoriale/monologo del conduttore, tutto teso a esaltare il ruolo (disinteressato?) delle Ong, poi spazio agli ospiti, evidentemente selezionati con cura. Vale la pena di citare alla lettera: “Meloni e il ministro Piantedosi devono chiarirsi la differenza fra scafisti e trafficanti: gli scafisti sono dei poveri cristi”, ha affermato con convinzione Ginevra Bompiani. I trafficanti di essere umani, nella versione di Bompiani, costringerebbero gli scafisti ad imbarcarsi, laddove invece risulta che costoro siano ben pagati per svolgere questa attività criminale (magari qualcuno degli stessi orientamenti della scrittrice non lo reputa neppure reato). Peraltro, nei mesi scorsi sono state rilasciate delle chat in cui gli stessi scafisti consigliavano apertamente di dirigersi verso l’Italia, evidentemente e a ragione visto come il Paese di Bengodi. D’altronde, non più tardi di alcuni giorni fa, Laura Boldrini è arrivata a dichiarare che l’emergenza di Lampedusa sarebbe stata artatamente amplificata per “attirare l’attenzione e alzare i toni“. Frattanto, senza soluzione di continuità, gli sbarchi sulle coste italiane proseguono copiosi e l’isola di Lampedusa è presa d’assalto da migliaia di immigrati. Invece, v’è spazio persino per una promozione cinematografica: “Il film di Garrone dovrebbe essere visto dalla Meloni, da Piantedosi, da tutta la destra!”, riferendosi alla pellicola trionfatrice al Festival di Venezia e che racconta – in modo forse troppo parziale – questo fenomeno epocale. (Continua a leggere dopo la foto)
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La seconda lezione
Ad ogni modo, la lezione semantica, espressa con arroganza radicalchic, prosegue con un altro termine che meloni e Piantedosi debbono “imparare”, ed è l’aggettivo “diffusa”, come leggiamo su il Giornale: “accoglienza diffusa, non vuol dire accoglienza generalizzata, vuol dire accoglienza contenuta in piccole strutture, come erano gli Sprar, che sono stati smantellati non si sa perché, diffusa nel territorio”, ha affermato Ginevra Bompiani, omettendo di dire che ciò comporta vantaggi essenzialmente a talune cooperative, magari create all’uopo, ma non la minima ricaduta positiva per i territori.
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