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Quando la flessibilità serve ai tedeschi, le regole si fanno più elastiche

Pubblicato il 26/09/2019 10:05 - Aggiornato il 27/11/2019 19:02

Anche gli industriali tedeschi scendono in campo contro l’austerity, convinti che mettere da parte la regola ferrea del pareggio di bilancio sia un passaggio fondamentale per ridare slancio a un’economia in difficoltà. Succede nella rigorosissima Germania, dove Dieter Kempf, numero della Bdi (Bundesverband der Deutschen Industrie, la nostra Confindustria), ha espressamente chiesto al governo di abbandonare lo Schwarze Null e concedere almeno quel minimo di investimenti in deficit che la costituzione tedesca concede: lo 0,35% del Pil, pari a circa 10-12 miliardi.

Un appello, quello del numero uno degli industriali, che si inserisce in un dibattito che si sta trascinando da mesi, con molti economisti che nel tempo si sono rivolti ad Angela Merkel per chiedere maggiore flessibilità. Investire, insomma, anche a costo di fare debiti. Da quell’orecchio per ora la cancelliera continua però a non voler sentire, e anche il pacchetto di misure per il clima da 100 miliardi fino al 2030 è stato redatto rispettando il pareggio di bilancio.

Le critiche arrivano dai Verdi, da sempre avversari dell’austerity in Europa, ma anche da alcune correnti interne ai socialdemocratici al governo insieme alla Cdu. Le argomentazioni sono per tutti le stesse usate da Kempf: “Un decennio fa c’era davvero bisogno di migliorare il deficit, ma oggi la situazione è molto diversa. Il boom economico sta volgendo al termine, lo Stato può prendere a prestito soldi a tassi di interesse negativi e abbiamo una grande carenza di investimenti”. Per questo la Bdi chiede che il governo inverta la rotta e faccia più investimenti, abbandonando il pareggio di bilancio.

Dal 2009 nella costituzione tedesca è previsto infatti il Schuldenbremse, il “freno al debito”, che consente uno scostamento massimo pari allo 0,35% del Pil anche in situazioni congiunturali normali. Considerando il prodotto interno lordo tedesco 2018, si tratterebbe appunto di 11,86 miliardi di euro che secondo Kempf il governo deve utilizzare per ridare vigore all’industria. A criticare apertamente l’austerity era stato d’altronde anche il presidente della Bce, Mario Draghi, durante la sua ultima audizione alla commissione Affari economici del Parlamento Ue prima di lasciare il posto a Christine Lagarde.

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