Mentre l’Unione Europea continua la sua personalissima battaglia contro l’Italia, contribuendo ad aumentare la pressione nei confronti del governo Meloni e minacciando di usare ancora una volta lo spread come arma, c’è chi punta il dito altrove. Verso Berlino, per la precisione: secondo Gregor Hirt, responsabile degli investimenti multi-asset di Allianz Global Investors, “il vero malato d’Europa è la Germania”. Intervistato dal Sole 24 Ore in merito agli attuali scenari economici, il manager ha infatti precisato: “Per anni la Germania ha saputo approfittare di un pasto gratis che le è stato regalato da una parte dal gas a basso costo proveniente dalla Russia, dall’altra dalla forte accelerazione della Cina, nei confronti dei quali è uno dei principali esportatori”. (Continua a leggere dopo la foto)
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“Ora che questi due Paesi sono venuti meno – ha sottolineato Hirt – emerge un Paese che, in nome della filosofia di non creare debito, ha trascurato per anni gli investimenti che servono a promuovere la crescita nel lungo termine”. I Paesi del sud Europa, invece, “hanno affrontato difficili riforme e sono diventati più efficienti: mi riferisco in particolare a Spagna e Portogallo, ma anche Grecia e Italia”. (Continua a leggere dopo la foto)
“La Germania è il vero malato d’Europa”. L’analisi dell’economista
Gli sforzi di questi Paesi, però, non sembrano riconosciuti dal mercato: “Perché siamo prigionieri dei pregiudizi del passato, quando il denaro proveniente dall’Europa del Nord è stato spesso usato in maniera errata. E l’atteggiamento della Bce non aiuta: la banca è nata come compromesso politico e ha avuto un orientamento determinato essenzialmente dalla Germania e dal suo rigore. Ora però la sua comunicazione è diventata molto più volatile, non va in nessuna direzione”. (Continua a leggere dopo la foto)
A pesare, sui prossimi mesi, è poi l’incognita della guerra: “Il conflitto in Palestina rischia di protrarsi a lungo e anche le implicazioni sugli asset di investimento potrebbero richiedere tempo per manifestarsi. In un contesto di crescente incertezza, i beni rifugio potrebbero registrare buone performance, mi riferisco in particolare all’oro, ma anche il franco svizzero potrebbe riacquistare il suo status di porto sicuro”.
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