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“Senza l’Euro l’Italia starebbe meglio, così siamo in gabbia”. Sentite l’economista Cesaratto

Pubblicato il 27/07/2020 11:24

Sergio Cesaratto è professore ordinario di economia internazionale e di politica monetaria e fiscale dell’Unione europea all’università di Siena. È una delle voci più autorevoli che critica (da sinistra) l’attuale impianto europeo. I suoi interventi più mirati e critici sono proprio sui danni che la moneta unica ha fatto all’Italia, alla sua economia e alla società. Intervistato da Stefano Ruppi per La Verità, a proposito del Recovery fund spiega: “Che ci sia un elemento di novità, non c’è dubbio. Ma che questo diventi un elemento sistematico della costruzione europea, c’è molto da dubitare. Non si esce dalla logica del metterci una pezza. E la logica da cui la Merkel si è sempre fatta ispirare. Non si è andati verso una politica fiscale europea o un bilancio comune serio e sistematico. Si è messa una pezza, in maniera nuova ma comunque limitata e una tantum per dare un po’ di respiro”.

Sull’operato e il ruolo di Conte in questa trattativa, Cesaratto è netto: “È agghiacciante quando si parla di sussidi a fondo perduto, il che è falso. La quasi totalità dei fondi ai quali l’Italia avrà accesso nei prossimi tre anni sono comunque prestiti. Per carità, una parte non entrano nel conteggio del debito pubblico, hanno tassi di interesse molto ridotti e andranno restituiti in tempi lunghi. Ma restano soldi che vanno rimborsati. I veri sussidi a fondo perduto si stima siano meno di una trentina di miliardi in tre anni. Le bugie che scrivono alcuni giornalisti sono irritanti”.

Qual è il collante di questa Europa? Chiede Ruppi. E qui Cesaratto viene al punto: “Soltanto uno, la gabbia della moneta unica. Senza l’euro ci sarebbe qualche problema in meno: i Paesi più fragili avrebbero maggiore autonomia fiscale, potrebbero aggiustare il cambio, lo Stato sarebbe più solvibile proprio in virtù del printing press, cioè il potere di stampare moneta. L’Europa per l’Italia è stata una scelta disciplinante, ha portato disciplina ma ha distrutto il Paese. Con l’euro l’operazione è andata in porto e la disciplina si è attuata. L’impossibilità di svalutare e una rigida disciplina fiscale han-no comportato la mortificazione della domanda interna e delle esportazioni, di conseguenza la produttività è crollata”.

Perché l’Italia va così male? Cesaratto è chiaro: “Perché tiriamo la cinghia inutilmente ormai da 30 anni. Sono sacrifici inutili. Le prospettive per l’Italia non sono buone. Il Recovery fund non è né risolutivo né tempestivo. L’industria è ferma, soprattutto il turismo. C’è un formidabile problema di sostegno ai redditi nei prossimi mesi. C’è inoltre il rischio che all’interno della Bce e della Commissione comincino ad alzarsi voci per mettere in dubbio la sostenibilità del nostro debito. Se il rapporto debito/Pil dovesse peggiorare ancora, si rafforzerebbero le pressioni perché l’Italia faccia ricorso al Mes. E non a quello light di cui si discute, ma a quello vero, quello greco”.

La conclusione di Cesaratto: “Ci imporrebbero misure che sarebbero come togliere la flebo a un paziente appena operato. Credo che l’intervento pubblico in economia sia fondamentale. Mi piacerebbe vedere anche una politica industriale che non sia soltanto salvataggi e che entri anche in settori nuovi e strategici, con grande riguardo alla sostenibilità ambientale. I soldi europei dovrebbero essere destinati al cambiamento strutturale, piaccia o no a Bruxelles: anche in questo un Paese dovrebbe dimostrarsi più indipendente”.

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