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Un’Italia che guarda al passato: contro crisi e inquinamento, il grande ritorno dei prodotti sfusi

Pubblicato il 19/09/2019 10:28 - Aggiornato il 27/11/2019 19:08

Carta pane, carta paglia, carta da zucchero per avvolgere i prodotti. Per i liquidi, era direttamente il cliente a portarsi da casa la bottiglia. La vendita di beni sfusi è stato un must per l’Italia fino agli anni ’60 e al boom economico, che ha spinto verso l’estinzione una pratica antichissima sostituendola con i primi supermercati sul modello Usa, con i prodotti di marca e i banconi carichi di plastica e scatole di cartone. Un percorso che però, a sorpresa, si è di colpo interrotto in favore di un inaspettato ritorno al passato.

Un ruolo decisivo l’ha giocato il tema dell’ambiente, sempre più al centro dei pensieri dei cittadini. Ma a spingere verso la riscoperta della vendita di prodotti sfusi è anche il costo economico del packaging, a cominciare da quella plastica contro la quale ambientalisti e scienziati puntano ormai il dito da tempo. Ecco, allora, che sempre più consumatori stanno orientando il proprio gusto verso quantità “libere” di beni, scelte di volta in volta, risparmiando allo stesso tempo sul confezionamento. Se ne è accorto anche il governo, che nel progettato decreto clima ha previsto un bonus per chi compra sfuso.

Secondo uno studio della Coldiretti, il 44% degli italiani pronto a impegnarsi per la lotta ai cambiamenti climatici, trovando però al momento pochi negozi pronti a soddisfare le loro domande. Ma qualcosa si muove: dal Nord al Sud sono sempre di più i punti che vendono almeno una parte dei prodotti sfusi, tra cui andrebbero contati anche i banchi dei mercati rionali, le drogherie e i negozi etnici. Tra gli esempi più virtuosi, quello degli imprenditori torinesi di Negozio Leggero – premiati anche come #GreenHeroes dell’economia sostenibile – che dal 2010 a Torino vendono caramelle, caffè, cereali, farine, legumi, pasta, spezie, vini, detergenti, prodotti per l’igiene personale e trucchi. Tutto sfuso, con un successo commerciale clamoroso che ha portato – da Palermo a Parigi – all’apertura di 15 punti vendita.

Oppure, la catena di prodotti biologici NaturaSì, che dopo aver eliminato le bottiglie di acqua in plastica dagli scaffali, aver scelto i sacchetti riutilizzabili per l’ortofrutta e avviato la vendita sfusa di detersivi certificati ICEA. Un’operazione che costa ma che elimina più di 6.500 chili l’anno di plastica per le piccole confezioni, riduce il consumo di acqua e le emissioni, e soprattutto facendo risparmiare il 10 per cento sul prezzo dei prodotti senza confezione ai consumatori, sempre più con le antenne drizzate alla ricerca di queste realtà.

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