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Manovra, un’ecotassa sugli imballaggi? No grazie: c’è già, la paghiamo, finanzia il riciclo e ci costa 350 milioni

Pubblicato il 17/10/2019 16:55 - Aggiornato il 18/11/2019 16:52

Molti non sanno che un’ecotassa esista già e che la paghiamo anche. Ci costa 350 milioni l’anno, si chiama “contributo Conai” e va tutta a ripagare direttamente le raccolte differenziate e il riciclo della plastica senza passare dalle tasche del Fisco. Cosa succede ora, però, con l’ecotassa che sta studiando il nuovo governo? Quella che esiste già ha scopi ambientali, quella che vogliono introdurre, invece, avrebbe scopi fiscali. Si tratterebbe di 1 euro al chilo sulla plastica.

Secondo le aziende del settore e le imprese del riciclo, se passasse la norma quei soldi verrebbero tolti all’ambiente per essere destinati al Fisco. Il prelievo Conai che paghiamo oggi per finanziare direttamente la raccolta e il riciclo della plastica è in media di 26,3 centesimi – come ricorda Il Sole 24 Ore – per ogni chilo di imballaggio che acquistiamo.

Questo costo dal 1° gennaio salirà a 33 centesimi per via dell’aumento dei costi reali del servizio di raccolta e riciclo. Il contributo Conai solo nel 2017 ha pesato sulle tasche degli italiani per 524 milioni tra plastica, vetro, alluminio, acciaio, legno e carta. Sono soldi sui quali lo Stato non mette mano perché è un contributo obbligatorio pagato dalle imprese e dai consumatori per ogni bene confezionato ed è destinato esclusivamente a finanziare la raccolta differenziata e il riciclo.

Nel 2018 il Conai ha trasferito direttamente ai Comuni italiani 561 milioni di euro per ripagare il loro servizio di raccolta differenziata. Per questo motivo contro l’ipotesi di un’altra tassa verniciata di ambiente ma in realtà destinata al Fisco protesta il mondo del riciclo.

Oggi ogni imballaggio di plastica paga un contributo Conai alla raccolta differenziata e al riciclo diviso in quattro fasce secondo la valenza ambientale. Il sovraccosto che paghiamo oggi va da 15 centesimi al chilo per le plastiche più riciclabili (come le bottiglie di Pet per l’acqua minerale) fino ai 36,9 centesimi al chilo per gli imballaggi più impossibili da riciclare (gli imballaggi complessi formati da più polimeri non compatibili).

Le quattro fasce di riciclabilità diventeranno 15 centesimi per gli imballaggi più riciclabili, 20,8 per la fascia B1, 43,6 per la fascia B2 e 54,6 centesimi al chilo per gli imballaggi in fascia C («imballaggi non selezionabili o riciclabili allo stato delle tecnologie attuali»).

Il recupero complessivo di imballaggi è in aumento e arriva all’80,6% degli imballaggi usati (+3% sul 2017). Il riciclo complessivo è stato del 69,7% dell’immesso al consumo, per un totale di 9,2 milioni di tonnellate (+2,6% sul 2017). Un risultato che è ampiamente al di sopra degli obiettivi europei al 2020.

Già oggi gli italiani pagano sugli imballaggi di plastica il contributo ambientale Conai pari a 350 milioni l’anno, aggiungere altri 200 euro a tonnellata significa costi supplementari per i consumatori e zero vantaggio per l’ambiente.

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