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Manovra, l’abbassamento delle tasse non c’è. Anzi, si rischia una stangata da 12 miliardi per gli italiani

Pubblicato il 17/10/2019 15:59 - Aggiornato il 18/11/2019 16:53

Diciamolo subito: questa manovra ha “anche” aspetti positivi. Ma nel complesso è da bocciare a gran voce. Sia per i principi con i quali è stata scritta, sia per il capitolo più doloroso per ogni cittadino: l’aumento delle tasse. Non può, infatti, definirsi pienamente realizzato quello che è stato decantato sin dall’inizio come obiettivo del governo giallorosso, ossia il disinnesco delle clausole Iva con conseguente mantenimento della pressione fiscale sui livelli attuali, per altro già elevati (41,8% nel 2018).

Il Documento programmatico di bilancio, varato dal governo Conte-bis nella notte di mercoledì scorso, prosegue comunque sulla strada di un inasprimento del prelievo.

A spiegarlo sono le tabelle dello stesso rapporto che mostrano come la sterilizzazione degli aumenti Iva, da sola, non sia sufficiente a evitare la solita stangata. La pressione fiscale in rapporto al Pil a politiche invariate (cioè senza il reperimento dei famigerati 23,1 miliardi) sarebbe salita dal 41,9% atteso quest’anno al 42,7 per cento.

Con l’intervento che sarà contenuto nella legge di Bilancio, però, l’incremento non si arresta ma prosegue: si passerà, infatti, dal 41,9 al 42%, dunque un aumento di un decimo di punto percentuale, pari all’incirca a 1,8 miliardi di euro.

Come spiega Gian Maria de Francesco sul Giornale, ne consegue che di quei 23,1 miliardi che sarebbero dovuti entrare in cassa, solo 12,6 miliardi ci vengano effettivamente “condonati”. Vengono fatte aumentare dello 0,3% del Pil le entrate correnti su reddito e patrimonio (dal 13,8 atteso al 14,1%, equivalenti a 5,4 miliardi). Insomma, si tassano meno i consumi per battere sul tasto delle patrimoniali.

Se non si interviene ulteriormente sul fronte delle tax expenditures, restano 12,3 miliardi (0,7% del Pil) da coprire. Cosa succede quindi? Si va dalla rimodulazione selettiva delle agevolazioni fiscali e dei sussidi dannosi per l’ambiente alla famosa “stretta anti-evasione”. Che in realtà sarà solo una stangata contro partite Iva e negozianti.

A questi si aggiungono 4,3 miliardi recuperati dai maggiori controlli sugli autonomi e dal solito accanimento sulla deducibilità degli oneri sui crediti all’aceto delle banche e sui giochi e videolotterie. Cosa manca per arrivare a quei 12,3 miliardi? Solo 3 miliardi che vengono dal rinvio al prossimo anno di maggior entrate derivanti dagli Isa, i nuovi studi di settore che si stanno rivelando letali come i precedenti.

Insomma, è una manovra della quale tutto si può dire tranne che sia indirizzata verso un abbassamento delle tasse…

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