Non si può certo dire che questi siano giorni rosei per l’Italia, tanto sul fronte del commercio quanto su quello della politica estera. La scelta del Wto di autorizzare gli Usa a comminare 7 miliardi e mezzo di dollari di dzi ai produttori europei penalizza particolarmente, infatti, un Bel Paese che da questa situazione ricava soltanto svantaggi senza aver goduto dei benefici. In sintesi: la rappresaglia commerciale americana nasce a seguito dei 20 milioni di sussidi pubblici che i governi europei hanno elargito negli anni al Consorzio Airbus, dal quale l’Italia non ha mai ricavato granché.
Di Airbus, un conglomerato di costruttori di aeromobili, fanno infatti parte Regno Unito, Francia, Germania e Spagna. Lo Stivale, di contro, è tra i Paesi più minacciati dai dazi a stelle e strisce, che rischiano di causare perdite pesanti in settori di eccellenza come vino, olio e formaggi. L’agroalimentare su tutti, quindi, ma in generale tutto ciò che è made in Italy, si trova a fare i conti con previsioni Coldiretti che parlano di un mancato fatturato di un miliardo per le nostre imprese. Nel 2018, d’altronde, le esportazioni italiane avevano raggiunto e superato i 42 miliardi di euro.
È bastato l’annuncio della Wto per far crollare Piazza Affari, che ha perso il 2,87%, mentre lo spread è subito schizzato all’insù di dieci punti, chiudendo a 153. E al problema economico si aggiunge quello politico: in cambio di una mano non troppo pesante contro il nostro Paese, gli Usa possono infatti alzare a piacimento la tensione nei confronti dell’Italia su altri mille tavoli aperti. Viene, a tal proposito, un sospetto: e se alla fine questo scontro Ue-Usa non sia un modo per far rientrare dalla finestra Seta e Ttip, accordi (il primo col Canada e il secondo con gli Stati Uniti) che già in passato avevano scatenato polemiche a non finire?
Anche in questo caso, attenzione, per l’Italia non sarebbero buone notizie. Perché il nostro Paese vedrebbe comunque le sue eccellenze penalizzate da una serie di intese verso le quali, però, il Pd si era mostrato già in passato tutto sommato accondiscendente. Conte, in tutto questo, continua a dirsi fiducioso di poter “ricevere particolari attenzioni” dall’amministrazione Trump. Non resta che chiedersi quale sarà la contropartita. E soprattutto se gli interessi italiani, per una volta, avranno un peso specifico o se finiranno ancora in secondo piano.
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