Facciamo un passo indietro. Il 16 marzo del 2017, prima del crollo del ponte Morandi di Genova, l’ANAS aveva chiuso al traffico il ponte Morandi di Agrigento. In quell’occasione, infatti, si era mobilitata l’assozionazione “Mareamico” diffondendo delle immagini choc sui piloni fortemente ammalorati (con crepe e crolli evidenti) e la conseguente apertura di un’indagine conoscitiva, da parte del Procuratore Capo della Repubblica di Agrigento, Luigi Patronaggio. Dopo la conferenza in pompa magna, con Conte a Genova a festeggiare la posa dell’ultima parte del nuovo ponte targato Renzo Piano, in Sicilia si chiedono per loro cosa abbia intenzione di fare il governo. “Sono passati 1.000 giorni senza che nulla sia stato fatto”, scrivono in una nota ripresa da Tp24.it i responsabili di “Mareamico”.
E denunciano: “Né l’abbattimento proposto dall’assozioazione Mareamico, dal FAI, da Vittorio Sgarbi e dal compianto Sebastiano Tusa, che avrebbe permesso di liberare la Valle dei Templi da quell’ingombrante mostro in cemento che affonda i piloni dentro la necropoli Pezzino, né il ripristino proposto dall’ANAS, che dovrebbe costare ben 30 milioni di euro. Presto Genova avrà il suo nuovo ponte, a firma di Renzo Piano, mentre ad Agrigento solo chiacchiere”. Siamo di nuovo alla divisione nord-sud, alla priorità concessa alla comunicazione e all’effetto e non alle emergenze di tutti. A essere sotto la lente d’ingrandimento è soprattutto Cancelleri (M5S), che attacca i Benetton ma intanto nella sua Regione non fa nulla per sbloccare i lavori e collegare la Sicilia.
Quindi, mentre quasi un mese fa l’Italia celebrava – giustamente – il completamento delle campate del ponte Morandi, crollato a Genova nell’agosto 2018, all’altro capo del Paese si attendeva – e si continua ad attendere – una voce da parte del governo sul ponte Morandi di Agrigento e sulla fine dei lavori per il completamento del viadotto Himera sulla Palermo-Catania, crollato nell’aprile di cinque anni fa e che ha spezzato in due l’autostrada che collega la Sicilia Orientale con quella Occidentale. Per l’economia della Sicilia quel viadotto è essenziale. Ma l’Anas ancora non ha completato i lavori. E il governo non interviene. Inoltre, c’è da dire che la viabilità su tutta l’isola è un pericolo, con alcuni tratti di strada che hanno record europei di incidenti e mortalità.
Come ricostruisce Antonio Fraschilla su Repubblica, “crollato il 10 aprile del 2015 per una frana nota già nel 1971, la ricostruzione del viadotto Himera inizialmente era prevista per il 2018. Poi si scopre che il progetto aveva delle lacune e soprattutto che la frana non si è fermata del tutto. La data slitta a metà 2019, ma ecco che una ditta napoletana incaricata di fornire il ferro inizia ad avere problemi economici e a rallentare la forniture di materiale. Così l’Anas sposta la consegna dei lavori, con conseguente riapertura del viadotto stimata per l’aprile 2020 per due campate di poco più di 250 metri di lunghezza. Ora l’ennesimo slittamento”.
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