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Ranucci polverizza Benigni a Sanremo dopo il pistolotto sulla libertà di pensiero: “Per coerenza…”

Pubblicato il 09/02/2023 08:12 - Aggiornato il 21/09/2023 11:54
Ranucci Benigni Sanremo querela
Roberto Benigni e Sigfrido Ranucci

È iniziato Sanremo 2023, con il suo codazzo di polemiche, chiacchiere, gossip e pistolotti sui grandi temi, dalla guerra al femminismo. È iniziato Sanremo 2023 con la presenza, per la prima volta nella storia, del Presidente della Repubblica all’Ariston. È iniziato Sanremo 2023 con uno stanco e retorico Roberto Benigni, controfigura di se stesso, a parlare della Costituzione italiana, per celebrarne i 75 anni. Ai tristi, vuoti e scarsi monologhi del festival ormai ci siamo abituati. Ma quello di Benigni ha una qualcosa in più, visto che è arrivato proprio in apertura di festival, nei primi minuti, con il picco di pubblico. Benigni ha detto tante cose, tutte giuste, per carità. Peccato però che le sue parole sono risultate stonate – e questo è un problema all’interno di una manifestazione canora – per via di altre cose fatte e dette dallo stesso Benigni in passato, e per via di quanto accaduto durante l’epoca pandemica di Conte, Speranza e Draghi. L’ex comico ci ha ricordato l’importanza del diritto di poter pensare liberamente; e ci ha ricordato come in Paesi peggiori del nostro addirittura si finisca in galera o si subisce la censura per dire alcune verità scomode. Ecco, peccato che durante il Covid, soprattutto sul fronte vaccini, in Italia è successa la stessa cosa, con persone che sono state censurate, hanno perso il lavoro, la dignità, lo stipendio, la famiglia. In un parola: i diritti. E a fare le pulci al discorso di Benigni ci ha pensato anche Sigfrido Ranucci, il conduttore di Report. Cosa era successo tra i due? (Continua a leggere dopo la foto)
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Ha subito scritto sui social Ranucci a margine dell’intervento dell’autore de “La vita è bella”: “Molto toccante il monologo di Roberto Benigni al Festival di Sanremo sui 75 anni della nostra Costituzione. Il maestro Benigni ha sottolineato come il suo articolo preferito sia l’articolo 21: ‘Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure’. Sono certo che per coerenza il maestro nei prossimi giorni ritirerà la querela che nel 2017 ha presentato nei confronti del sottoscritto, del collega Giorgio Mottola, della Rai e di Report”. Bomba. Ma a cosa si riferisce Sigfrido Ranucci? Di quale querela sta parlando? (Continua a leggere dopo la foto)

Facciamo un salto indietro del tempo, tornando al 2017. Roberto Benigni e la moglie Nicoletta Braschi erano finiti sotto la lente di ingrandimento di Report nell’inchiesta sui finanziamenti allo spettacolo. In una nota, l’avvocato Michele Gentiloni Silveri comunicò di “aver ricevuto mandato di sporgere querela presso la Procura della Repubblica di Roma nei confronti dei dott.ri Giorgio Mottola e Sigfrido Ranucci, nonché di chiunque altro abbia con loro concorso o cooperato, in relazione alle notizie false e gravemente diffamatorie diffuse nel corso della puntata nell’interesse di Nicoletta Braschi e Roberto Benigni sia in proprio che quali soci di Melampo Cinematografica S.r.l.”. Nell’inchiesta Report raccontò la vicenda degli studi di Papigno, in Umbria, dove Benigni ha girato “La vita è bella” e “Pinocchio”. Un polo cinematografico che – secondo il programma di Rai3 – avrebbe goduto di 16 milioni di euro di finanziamenti pubblici. (Continua a leggere dopo la foto)

Il conduttore Sigfrido Ranucci replicò prontamente alle accuse mosse da Benigni: “Non abbiamo mai detto che Benigni ha usufruito di finanziamenti pubblici per ristrutturare gli studi di Papigno. I 10 milioni di fondi pubblici, citati dal sindaco di Terni, sono serviti per bonificare e sistemare il contesto intorno all’operazione. Il programma ha dato conto del fatto che Cinecittà Studios ha di fatto ‘rilevato’ i 5 milioni investiti da Benigni nella società, pur pagandone solo 3,9 milioni, come ha precisato una nota del legale di Benigni che abbiamo letto. Abbiamo poi sostenuto che quel debito rischiamo di pagarlo noi, se dovesse andare in porto la trattativa per riportare Cinecittà sotto l’egida dello Stato”. (Continua a leggere dopo la foto)

Benigni, comunque, non ha fatto arrabbiare solo Ranucci, ma anche alcuni telespettatori, soprattutto per un passaggio abbastanza forzato sul fascismo: “Allora neanche Sanremo si poteva fare”, dice. E sui social infiamma la polemica: “Cosa c’entra il fascismo con Sanremo? Che palle!”, “Benigni che ha fatto un film come capolavoro, ‘La vita è bella’, ancora parla di fascismo, intanto in Italia inflazione e bollette alle stelle, povera Italia e povero menefreghismo”, “Figuriamoci se non partiva il solito pippone contro il fascismo”, “Benigni è la rappresentazione della sinistra italiana, capace di inserire la critica al fascismo in tutti i suoi discorsi”.

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