Acquista “Moderno sarà lei” di Gianluigi Paragone (con prefazione di Mario Giordano)
“Non sempre ciò che vien dopo è progresso”, lo diceva anche il Manzoni. Ed è quello che sostiene Gianluigi Paragone, tanto nel suo impegno politico di fondatore e segretario di Italexit e di divulgazione giornalistica, quanto nel libro “Moderno sarà lei” (Signs Books, prefazione di Mario Giordano), che ha presentato ieri a Lamezia Terme, in una sala convegni dell’Aerhotel Phelipe gremita di gente. Introdotto dal coordinatore regionale di Italexit per l’Italia, Massimo Cristiano, e dopo il breve saluto di Domenico Furgiuele, deputato lametino presente in sala, Paragone ha illustrato i temi di fondo che hanno ispirato i diversi capitoli. Negli ultimi anni la deriva della globalizzazione più sfrenata ha subito una considerevole accelerata. Un deciso cambio di paradigma, l’imprinting di un nuovo ordine sociale: e, poiché “la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni”, i Padroni dell’Universo – cioè i promotori di una deleteria ed esiziale globalizzazione, quell’élite oscura che si riunisce a Davos, al Bilderberg (o nelle varie logge della più alta Massoneria) – ammantano di nobili propositi i propri deliranti piani. (Continua a leggere dopo il VIDEO)
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Sicché, in nome della nuova ossessione “Green”, assurta quasi a culto religioso, l’Unione europea, quel mostro burocratico che ha tradito lo spirito originario del Manifesto di Ventotene, ci obbliga con una controversa direttiva a un costosissimo efficientamento energetico, “i cui necessari interventi dovranno essere a carico del proprietario”. Casa nostra non è più tanto nostra, viene da pensare, con la conseguenza che gli immobili italiani conoscono oggi una svalutazione del 40%. Ma era solo un esempio: è modernità anche la folle alimentazione che ci vogliono propinare. L’ambigua e ricorrente formula del “Ce lo chiede l’Europa” andrebbe corretta in “Ce lo impone l’Europa”. Se il futuro regime alimentare prevederà farina di insetti e carni sintetiche, con la scusa dei cambiamenti climatici (o addirittura di un apporto proteico assolutamente nullo in tali disgustosi “cibi”) non possiamo accettare la modernità, quella del pensiero unico e politicamente corretto; quella che vuole apporre l’etichetta sul vino che nuocerebbe alla salute, “laddove un consumo moderato è da sempre considerato piuttosto un toccasana”, ricorda Gianluigi Paragone; quella modernità che fa a pezzi il Made in Italy, oramai saccheggiato da multinazionali straniere e delocalizzato; che manda in rovina i contadini e i produttori locali; che aggredisce i risparmi o gli immobili “che con quei risparmi degli italiani sono stati faticosamente costruiti o acquistati”. (Continua a leggere dopo la foto)
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FOTO: Gianluigi Paragone e Massimo Cristiano
Non possiamo accettare, inoltre, che le giovani generazioni crescano in una bolla social, orientate da piattaforme che introducono come stile di vita il narcisismo, l’ipersessualizzazione, l’insicurezza e l’incomunicabilità. Quando i videogiochi non esistevano o erano agli albori, come ricorda con nostalgia lo stesso autore, e come ricordiamo tutti, si giocava a pallone per strada, si era felici con poco, e soprattutto si poteva liberare la fantasia, astrarre, scoprire il mondo e i suoi valori. Ma davvero e non attraverso uno schermo. E non possiamo accettare la propaganda martellante che ha invaso le scuole, come quella sui diritti dei cosiddetti Lgbt. Diritti che sovente andrebbero declinati come capricci: è il caso dell’aberrante pratica dell’utero in affitto, per le coppie di omosessuali benestanti, forse la più sconvolgente deriva della cosiddetta modernità. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il libro, dunque, rievoca un passato che ancora oggi genera nostalgia, un periodo storico contraddistinto da spensieratezza, felicità, benessere economico e sociale, figlio di quella cultura “nazionalpopolare” che ci appartiene sin da sempre: identità e tradizione. Stiamo parlando dei fantastici anni Ottanta, Novanta, primi Duemila. (Continua a leggere dopo la foto)
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L’invito, dunque, è a recuperare le tradizioni, le stesse che hanno prodotto la floridezza economica oggi perduta, quelle che hanno fatto amare la cultura e lo stile italiano in tutto il mondo. Quelle che, in definitiva, definiscono “la nostra identità”, ha concluso Gianluigi Paragone.
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