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“Riscriviamo la storia di Gesù Bambino”. Murgia e Saviano questa volta se la prendono con “Lui”. Cosa hanno detto

Pubblicato il 27/12/2022 10:42
Roberto Saviano e Michela Murgia

Direte voi: con il crollo nei sondaggi confermato in questi giorni natalizi, lo scandalo Soumahoro, lo scandalo Qatar, un congresso estenuante e fratricida… gli intellettuali “di sinistra” cosa penseranno mai? Ma ovvio, a tutte queste cose. E diranno la loro, sferzeranno i loro prodi (no, non Romano), scriveranno fiumi di parole. E invece no. Le due punte di diamante, Michela Murgia e Roberto Saviano, si occupano di una rilettura storica di Gesù bambino per alimentare le loro bizzarrie. I due “intellettuali”, infatti, “pretendono di avere l’ultima parola anche davanti alla grotta di Betlemme”, come scrive Andrea Morigi su Libero. Ed è proprio Morigi a dare la sua lettura dell’operato di Murgia-Saviano: “Ce lo spiegano loro com’è andata 2022 anni fa. E all’improvviso, è come se vagonate di opere dei padri della Chiesa si estinguessero di fronte a tanta sapienza”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Per spiegare il mistero dell’Incarnazione e della conseguente Natività di Gesù Cristo, occorre innanzitutto premettere che la scelta di incarnarsi in un infante è unicamente frutto della volontà di Dio. Così come anche la decisione di vivere nel nascondimento, come scrive Morigi, rimandando l’inizio della vita pubblica fino all’età di trent’anni. A Michela Murgia, critica nei confronti della tradizione cattolica e della «infantilizzazione» di Dio, a suo modo di vedere non fondata sulla Sacra Scrittura, non si può peraltro contestare, come fanno molti commentatori delle sue parole, di non essere in possesso di una formazione teologica. Stocca Morigi: “Qualsiasi contadina analfabeta sarda del Medioevo, abituata però a pregare tanto, ne avrebbe saputo più di lei, che sembra avere studiato parecchio pur non avendo capito nulla”. (Continua a leggere dopo la foto)

Occorre anche tenere presente che ci sono pure altre fonti della “divina rivelazione”, come la tradizione della Chiesa. E anche il magistero, cioè l’insegnamento dei Papi e dei vescovi. E poi non ci vuole mica chissà quale preparazione teologica per sapere dell’attesa che c’è stata nei confronti dell’arrivo di un Messia. E infatti ci sono ebrei messianici convinti che il Salvatore debba ancora arrivare. Alcuni nel popolo d’Israele – ricorda ancora Morigi – speravano perfino che si trattasse di un condottiero che li avrebbe affrancati armi in pugno dalla dominazione dell’impero romano. Forse anche Murgia sperava in un Gesù-Guevara, eroe della rivoluzione. E invece al mondo, per volere di Dio, si è presentato un neonato inerme, un bambino. Ma non è tutto. No, perché anche lo scrittore Roberto Saviano – su Twitter – ha voluto ricordare “a chi blatera in loro nome” che “Maria, Giuseppe e Gesù sono stati profughi”. (Continua a leggere dopo la foto)

Quel che lo “emoziona” è “che si cerchi redenzione in una famiglia stretta intorno a un bambino la cui innocenza lo proclama re”. Ma anche qui spiega che, innanzitutto, la genealogia del Redentore degli uomini, rintracciabile dalla prima riga del primo libro del Vangelo di San Matteo, spiega che proviene da una stirpe di monarchi risalente al re Davide, che decisamente non fu sempre innocente. Poi l’autore di Gomorra viene corretto su un altro punto. Quello che lui definisce “un bambino perseguitato” e “costretto alla fuga insieme alla sua famiglia per salvarsi la vita”, non fu mai “respinto ai confini” o “arrestato insieme a chi lo avesse aiutato ospitandolo”. Nacque in una provincia dell’Impero romano, la Giudea, poi si spostò in un’altra, l’Egitto, per evitare la strage degli innocenti voluta da re Erode nei confronti dei figli del suo stesso popolo. Infine fu crocifisso, certamente non in quanto straniero, ma in quanto Dio.

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