C’eravamo tanto odiati, in passato. Ma alla fine, come in una bella favola, l’amore vince su tutto e i vecchi rancori svaniscono come neve al sole. Le tensioni tra Italia e Francia sono ormai agli archivi, merito del Pd che approdando al governo ha riportato pace e serenità in tutta Europa. E allora ecco che Emmanuel Macron, al centro di infinite polemiche con il Bel Paese fino a pochi giorni fa, è oggi il primo leader del Vecchio Continente che corre a far visita al premier Giuseppe Conte.
E d’altronde il presidente francese aveva subito scommesso e tifato per il cambio di rotta giallorosso. Osteggiando quel Salvini che flirtava con la Le Pen e i Cinque Stelle, solidali con i gilet gialli e sospettosi delle penetrazioni industriali transalpine entro i nostri confini. Epoche, come dicevamo, ormai lontanissime. Macron gongola per il ritorno italiano tra i Paesi filo-Ue e corre a Roma da alleato. Qualche maligno azzarda “come conquistatore”, eleggendolo a vincitore dello scontro a distanza con gli ormai estinti gialloverdi.
Italia e Francia possono tornare a dialogare fraternamente. Ma a fare la voce grossa, chiaro, sarà ormai Parigi. Il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, aveva parlato del Conte bis come di un governo “più aperto nella sua dimensione europea, più determinato ad avere con la Francia relazioni più positive”. Tesi confermata anche dalla portavoce del governo francese, Sibeth Ndiaye, che ha addirittura affermato che “l’Italia è un alleato storico della Francia. In nessun momento le scelte politiche che gli uni o gli altri hanno potuto fare, hanno smentito questo dato di fatto”.
Peccato che Macron, che ora fa gli occhioni dolci, abbia fatto di tutto per colpire i programmi italiani a livello europeo e nel contesto libico, per non parlare della nostra politica industriale. Bordate continue e tanti affari ancora da risolvere, dal nodo Stx-Fincantieri alla questione Tav passando per Fca-Renault. Tutte questioni che non possono essere risolte con un semplice cambio di governo. La Francia, con una Germania più debole, punta a diventare il vero traino dell’Ue. Collaborare con i cugini è perciò cosa buona e giusta. Purché lo si faccia tenendo a mente le nostre reali esigenze. E magari, ogni tanto, difendendole.
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