di Thomas Fazi.
Oggi il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha fatto – inavvertitamente, si direbbe – una rivelazione piuttosto inquietante: ha cioè dichiarato che i prestiti del cosiddetto Recovery Fund (più precisamente “Next Generation EU”) saranno considerato debito “senior”, esattamente come i prestiti del MES, dettaglio – tutt’altro che piccolo – che però, a quanto mi risulta, non appare in nessuno dei documenti ufficiali.
Cosa vuol dire? Vuol dire che i debiti nei confronti della UE saranno prioritari rispetto al resto del debito pubblico; sarebbe a dire che, nel caso in cui l’Italia dovesse avere difficoltà a rimborsare i suoi debiti, dovrà rimborsare in maniera prioritaria i debiti in questione rispetto agli altri titoli (sui quali, in quel caso, potrebbe vedersi costretta a fare default).
Questo potrebbe aumentare la percezione del rischio agli occhi degli investitori e dunque determinare un aumento del tasso di interesse sui BTP (in assenza di interventi “compensativi” da parte della BCE). Come hanno scritto gli economisti Massimo Bordignon e Guido Tabellini a proposito del MES, «un prestito senior con un tasso di interesse inferiore a quello di mercato causerà un rialzo del costo di emettere debito subordinato che arriverà a scadenza nello stesso periodo».
Questa ipotesi sembra confermata dall’analisi dell’andamento dei tassi di interesse sul debito pubblico di Irlanda e Portogallo, dopo che nel 2011 fecero ricorso – in tutt’altre condizioni, però – alla linea di credito del MES. Curiosamente questa è sempre stata una delle principali argomentazioni addotte contro il MES, in primis proprio da quello stesso Movimento 5 Stelle che oggi invece plaude al Recovery Fund.
E pensare che la risposta più comune (e non del tutto infondata) a questa argomentazione era che i 30 miliardi del MES erano poca cosa rispetto a uno stock di debito di più di 2.000 miliardi. Il Recovery Fund, però, secondo le prime indiscrezioni, andrà a pesare sul debito pubblico per un ammontare di circa 120 miliardi: una percentuale non proprio esigua.
Insomma, ogni giorno che passa il Recovery Fund si conferma sempre più un MES sotto mentite spoglie, con condizionalità molto più stringenti e persino – apprendiamo adesso – maggiori rischi di destabilizzazione finanziaria.