Il rischio è già diventato realtà, e siamo stati delle facili Cassandre, giacché da tempo denunciamo su queste pagine tutte le criticità e le storture che derivano dalla nuova religione “green” dell’Unione europea e dalla ossessione di smantellare l’utilizzo dei combustibili fossili, con le pesanti ricadute sul portafoglio e persino sullo stile di vita dei cittadini comunitari. Raggiungere la cosiddetta “neutralità climatica” entro il 2050 sarebbe assolutamente controproducente – oltre che, probabilmente, impossibile – e il New Green Deal rischia, piuttosto, di creare un’Europa senza lavoro. Ora lo sostiene anche una delle testate economico finanziarie più autorevoli. L’editoriale di Roberto Sommella, direttore di Milano Finanza, è una summa di tutti gli errori di Bruxelles, errori dei quali la Commissione guidata da Ursula von der Lyen pare infine, faticosamente, essersi accorta. E, se vogliamo aggiungere una punta di malizia, se ne è accorta pochi mesi prima delle elezioni europee, in prossimità del semestre bianco. In Europa già dobbiamo fare i conti con le fabbriche le cui catene di montaggio sono oramai ampiamente automatizzate o sostituite da nuovi spazi dedicati alla sezione delle batterie per le auto elettriche e al loro smaltimento. Ora si rischia la desertificazione industriale. (Continua a leggere dopo la foto)
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Ursula, l’Europa e la Cina
Infatti, l’ipocrisia ecologista non è contemplata dal governo cinese e il Paese del Dragone ci sta cannibalizzando e surclassando a livello industriale, con il costo sociale che ricade sui cittadini oggi, e forse ancor più sulle generazioni future. Indaghiamo sui motivi. Sommella, dapprima, si sofferma sul discorso sullo Stato dell’Unione di Ursula von der Lyen pronunciato appena ieri e, nel particolare, sul passaggio relativo ai rischi della concorrenza cinese nel settore dell’automotive. Dunque, ora, riprendendo l’Ansa, riportiamo alcuni passaggi chiave per poi approfondirli. “La Commissione sta avviando un’indagine anti-sovvenzioni nel settore elettrico dei veicoli provenienti dalla Cina”. E ancora: “I mercati globali sono inondati di auto elettriche cinesi più economiche”, a prezzi “mantenuti artificialmente bassi da ingenti sussidi statali. Questo distorce il nostro mercato. E poiché non lo accettiamo dall’interno, non lo accettiamo dall’esterno”, nelle parole della stessa von der Leyen. “L’Europa è aperta alla concorrenza. Non per una corsa al ribasso. Dobbiamo difenderci dalle pratiche sleali”. Tutto ampiamente condivisibile, ma si scoprono soltanto adesso i rischi della concorrenza, che sia leale o sleale, dei cinesi? Dopo che la stessa Commissione ha esteso la svolta green anche alle automobili? È proprio la Cina che produce le batterie per i veicoli elettrici, che coprono il 60% del costo di produzione di ogni automobile, ovviamente comprese quelle prodotte in Europa e vendute nel nostro mercato interno. Non proprio una mossa geniale, anzi una madornale leggerezza. (Continua a leggere dopo la foto)
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Ma il dogma green non si tocca
Dunque, von der Lyen, che è persino in predicato per un secondo mandato secondo insistenti rumors, ha annunciato un’inchiesta sulle sovvenzioni riconosciute nell’Unione europea a Pechino per la vendita di auto cinesi. A che servirà? Plausibilmente a nulla, è una mera operazione di facciata: parliamo di poche migliaia di auto. A fronte di tutto ciò, il dogma green rimane tale, se leggiamo un altro estratto, a questo punto paradossale, del discorso sullo stato dell’Unione: “Sul Green Deal europeo manteniamo la rotta. Rimaniamo ambiziosi. Manteniamo la nostra strategia di crescita. E ci impegneremo sempre per una transizione giusta ed equa”. Poi, ancora estrapolati dal testo del discorso, i toni più lirici: “Quattro anni fa, il Green Deal europeo è stata la nostra risposta alla chiamata della storia”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il ritorno di SuperMario
Anche la mossa di incaricare Mario Draghi per studiare e ottimizzare il grado di competitività dell’Unione Europea al fine di preparare un rapporto sul futuro della stessa competitività europea pare, invero, un’assai tardiva carta della disperazione. Insomma, la transizione energetica non si tocca, e la “competitività europea” rimane una formula vuota e nulla più. Ciò che, invece, appare chiaro è che si è costruito un modello di sviluppo che produce capitale ma non lavoro.
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