“Questo non è più il mio mondo”. Parole del professor Pietro Luigi Garavelli, primario infettivologo dell’ospedale di Novara, che ha scritto un messaggio per annunciare un passo indietro e l’addio dalla sanità pubblica italiana. “Dal 31 luglio inizierò il percorso che mi porterà alla pensione” ha detto il medico, che ha già iniziato a portar via le sue cose dallo studio in cui esercitava. Un nome, quello del dottore, che era salito agli onori delle cronache durante la pandemia, all’epoca dell’obbligo vaccinale, quando dal palco di Alessandria aveva sottolineato come i sieri anti-Covid imposti dal governo non fossero l’unica soluzione per uscire dall’emergenza. Intervistato da La Verità, Garavelli ha spiegato perché, oggi, ha deciso di mollare. (Continua a leggere dopo la foto)
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Censurato dall’ospedale di Novara dopo le sue dichiarazioni, il medico ha spiegato: “Adesso il medico è diventato un dipendente pubblico, è stato burocratizzato. Io credevo nel dibattito scientifico e nel sistema sanitario pubblico, ma le ultime vicende personali mi hanno reso agnostico. Mi aspettavo che qualcuno mi dicesse: avevi ragione. Invece, tristemente, non ho mai sentito nessuno”. (Continua a leggere dopo la foto)
“Lascio la sanità”. Il professor Garavelli a La Verità
“È rimasta l’immagine di me che arringavo la folla di Alessandria – ha detto Garavelli – senza che si sia mai saputo che le cose che avevo detto erano vere. Per questo lascio, con profonda amarezza. Ho sempre e solo cercato di spiegare l’andamento della pandemia con le mie conoscenze scientifiche. Ho sostenuto l’utilità delle cure precoci, con i farmaci che avevamo già a disposizione. Ho seguito la mia via e il tempo mi ha dato ragione”. (Continua a leggere dopo la foto)
Il medico ha poi spostato l’attenzione sul tema “della sanità pubblica. C’è il problema dell’accessibilità alle cure, avere i farmaci a disposizione non è la stessa cosa di poterne usufruire. In una sanità dove non ci sono più investimenti economici, l’accessibilità sta diventando sempre più difficile. Il Covid è stato l’epifenomeno di una crisi profonda della sanità italiana”. La rabbia che ha spinto il medico all’addio resta legata soprattutto “al fatto che io avevo ragione e nessuno delle istituzioni me lo ha riconosciuto”.
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