Il fallimento dell’approccio, a parole, multiculturale e, a parole, inclusivo dei cugini francesi, più volte indicato dalla sinistra nostrana come esempio virtuoso, ha dimostrato ampiamente il suo palese fallimento durante la recente rivolta delle banlieu. Ma il fuoco cova ancora sotto la cenere. E se fossero state attrici bianche a infilzare bambolotti neri? Sì, perché è sembrato una sorta di rito voodoo quello messo in scena al festival di Avignone, davanti a un pubblico stupito, che peraltro è stato bollato come “razzista” per il solo fatto di avere espresso qualche perplessità in merito a ciò cui hanno assistito. Ma andiamo con ordine e ricostruiamo la vicenda. (Continua a leggere dopo la foto)
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Cosa è successo durante lo spettacolo
Il Giornale dà conto dello spettacolo Carte noire nommée désir (“Una carta nera chiamata desiderio”), andato in scena lo scorso 25 luglio, durante il quale otto attrici di colore – anzi non si può dire neppure questo, ma “afrodiscendenti” impone oggi la neolingua del politicamente corretto – dirette da Rébecca Chaillon, hanno ad un certo punto infilzato una serie di bambolotti bianchi, che rappresentano dei bambini, tra le urla di protesta del pubblico che ha assistito alle sconcertanti immagini di questi bambolotti presi dai rispettivi passeggini e appunto infilzati. Pubblico che non era composto da seguaci della Le Pen, essendo il Festival nella città dei papi una manifestazione dichiaratamente progressista. Un altro momento di questa bizzarra rappresentazione teatrale si è vissuto allorquando si è fatto riferimento alla violenza della polizia francese contro i cittadini di colore, e anche qui il pubblico ha rumoreggiato, qualcuno ha alzato il dito medio, e qualcun altro pare abbia urlato “Questa è casa nostra”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Foto: Rébecca Chaillon
Pubblico “razzista”?
Pubblico “razzista”, dicevamo, o almeno lo lascia intendere il comunicato degli organizzatori della controversa kermesse: “Gesti violenti e razzisti non sono accettabili al Festival di Avignone e questo comportamento non rappresenta il pubblico del Festival”. Ora, il nostro fondato timore è che qualche “progressista” di casa nostra pensi di portare lo spettacolo anche in Italia nelle prossime settimane.
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