I mezzi pubblici sono tornati a circolare anche di notte, dopo che per giorni il servizio era stato completamente sospeso. Ma la situazione, in Francia, non è ancora del tutto rientrata. Il bilancio delle proteste è pesantissimo, con oltre 1.100 persone fermate. Ma la paura è che la festa nazionale del 14 luglio possa riaccendere di colpo gli animi e portare a nuove violenze per le strada, al calar del sole. Una preoccupazione tale da spingere il governo a vagliare la possiblità di adottare misure drastiche, onde evitare che la miccia possa riaccendersi e dare il là a ulteriori disordini. (Continua a leggere dopo la foto)
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Macron nelle scorse ore ha incontrato 300 sindaci, per fare il punto sulla situazione e confrontarsi sulle misure da adottare, eventualmente, nei prossimi giorni. In particolare, nel mirino dell’Eliseo sembrano esserci i social: come rivelato dal Messaggero, potrebbero scattare contromisure per evitare che facciano da “cassa di risonanza” delle proteste. (Continua a leggere dopo la foto)
“Pronti a limitare i social”. Francia, l’annuncio choc di Macron
Al momento dal governo è stato assicurato che “non ci sarà nessun black out virtuale”. Niente stop totale dei mezzi di comunicazione, dunque, anche perché l’effetto potrebbe essere l’opposto di quello sperato, con nuova rabbia tra i manifestanti. L’idea è piuttosto quella di “eliminare alcune funzionalità delle piattaforme web”. (Continua a leggere dopo la foto)
Tra le funzioni che potrebbero essere eliminate, almeno per il momento, c’è la geolocalizzazione tipo Snap Mat, che consente di condividere in tempo reale i luoghi dove convogliare per organizzare proteste o attacchi. Il ministero dell’Economia digitale ha fatto sapere che, nel frattempo, migliaia di contenuti illegali sono stati cancellati dai social, con centinaia di account sospesi.
Un annuncio che, ovviamente, ha fatto tornare subito alla mente di tanti cittadini quanto accaduto durante la pandemia di Covid, quando il controllo sui post era talmente ferreo da impedire, di fatto, ogni espressione di dissenso rispetto alle politiche adottate dai governi. E ha sollevato l’ennesimo, inquietante quesito: Chi controlla i controllori? A chi l’incarico di impedire che in nome di un presunto bene comune vengano calpestati i diritti dei cittadini? Interrogativi, come sempre, senza una risposta.