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È l’ora che Draghi ci racconti la verità

Pubblicato il 20/08/2020 18:52 - Aggiornato il 20/08/2020 19:28

di Gianluigi Paragone.

La processione di lecchini a favore di Mario Draghi anticipa quello che potrebbe accadere se, come vorrebbero in tanti, l’ex governatore della Bce salisse al Colle: bene, bravo, bis. Tutti contenti, tutti entusiasti, tutti già draghiani. Anzi, è già partita la gara a chi era più filo Draghi prima degli altri. Da Zingaretti a Salvini, è una bizzarra òla.
Mi smarco, in coerenza rispetto a quello che ho sempre pensato sull’uomo. Mario Draghi ha parlato al meeting di Comunione e Liberazione con la lingua dell’establishment: non ha detto nulla ma siccome lo ha detto lui, il Messia, la parola diventa Verbo. Anche se ‘sto Verbo pare un turacciolo di sughero, buono per stare a galla in qualsiasi acqua. A leggerlo con atteggiamento distaccato, Draghi non ha detto nulla eppure quel che ha detto, in bocca a lui, distorce. Così poiché nessuno ha il coraggio di contestare alcunché – nemmeno in questo spazio temporale dove Mario Draghi non è coperto da alcuna immunità – proviamo a mettere in un sistema chiuso il sughero narrativo Draghiano e poniamoci delle domande.

Iniziamo dal “Debito” e dalla sua distinzione tra debito buono e debito cattivo. Signor Draghi, ma i derivati che sono stati piazzati nei bilanci dello Stato quando lei ricopriva incarichi importanti sono debito buono o sono debito cattivo? Laddove non se lo ricordasse, può farsi aiutare dalla signora Maria Cannata, storica e silente dirigente che ha avuto in mano il debito pubblico italiano per 17 anni. Ma sono certo che nemmeno in quel caso la tossicità dei derivati (debito cattivo) troverà mai una parola di verità: evidentemente la scuola gesuita che ha allevato Draghi ha lasciato il suo segno.

Vado oltre. Signor Draghi, quando lei parla di etica, di morale, di futuro, ce la racconta una volta per sempre la svendita che faceste, sul Britannia prima e nei Palazzi dopo, di pezzi strategici e importanti di asset pubblici? Cosa vi ispirò? Se l’esigenza di fare cassa, manco ci riusciste perché l’affare l’hanno fatto gli altri; se regalare vantaggi a coloro che poi avrebbero dovuto costruirci una porta di servizio attraverso la quale entrare nell’euroclub, allora sì, ci siete riusciti e infatti ne paghiamo ancora le consegne.

Chi ha tradito l’Italia e gli italiani non può pensare di parlare dall’alto come se fosse un papa laico. Onestamente io di questo papato laico di SuperMario mi sono già rotto e la sola idea di pensarlo su al Colle mi spinge a non mollare la battaglia “italexit” un solo secondo. Non accetterò mai colui che disse che le riforme (neoliberiste) si fanno a prescindere dalla volontà dei popoli ; perchè questo significa – alla vigilia del referendum confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari – erodere la democrazia a vantaggio di quelle élite delle quali Mario Draghi è un campione.
Quanto ai pistolotti sui giovani e sulla politica dei bonus, Draghi ha poco da impartire lezioni: quand’era governatore di Banca d’Italia vide sotto i propri occhi costose acquisizioni di banche, i cui strani giri di cassa ancora appesantiscono certe banche. (Anche qui per strane combinazioni la “capa” della Vigilanza Anna Maria Tarantola fu promossa alla presidenza della Rai con Gubitosi direttore generale.) Il futuro dei giovani sarà sempre meno ancorato ai diritti fintanto che l’inganno dell’Unione proseguirà e le riforme neoliberiste sono sulla scia delle lettere ai governi che piacciono tanto alla Troika della quale Draghi fu parte.

E infine. Signor Draghi, il rapporto credito/debiti delle banche d’affari tra cui la “sua” Goldman Sachs è buono o cattivo? Per citare il Vangelo, il suo parlare sia chiaro: sì sì, no no, il di più viene dal demonio. Quanto hanno guadagnato speculando le banche d’affari sulle crisi dei debiti sovrani? Il Quantitative fu una operazione importante ma pur sempre un doping per tenere in piedi quel maleficio chiamato Unione europea. Sul “debito” la classificazione in buono e in cattivo è appannaggio di chi comanda le regole del gioco, ed è strano che chi cita Keynes come fosse un faro e si fregia di essere allievo di Federico Caffè (il quale oggi lo infilerebbe dritto dritto tra gli “Incappucciati della finanza”) faccia finta di non saperlo. La narrazione sul debito sta dentro la neolingua unionista, sta dentro l’architettura asimmetrica di Bruxelles; pertanto Mario Draghi sul debito aggiorna e piega leggermente ciò che la Germania predica dall’inizio dell’eurostoria.

Gli osanna che si stanno levando a favore di Mario Draghi e che si leveranno in futuro fanno parte di una narrazione mainstream, fanno parte del racconto dei vincitori i quali non si sono nemmeno dovuti sporcare le mani in battaglia perché le élite in battaglia nemmeno ci vanno. Hanno i gazzettieri e i damerini al loro servizio.