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I tentacoli di Di Maio: ecco la sua rete di potere. Tutti i suoi fidati nei posti chiave

Pubblicato il 18/05/2020 10:13 - Aggiornato il 18/05/2020 11:35

Se Luigi Di Maio ha raggiunto i vertici un motivo ci sarà. E qui non si tratta di discutere di doti oratorie, comunicative o ideologiche. Ma di rapporti. L’ex leader dei Cinque Stelle negli ultimi giorni ha deciso di ritornare sulla scena. Con l’avvio della Fase 2 ha capito che è tempo di smettere i panni da profilo istituzionale e tornare a guadagnare terreno politico. Prima mossa: mettere in minoranza l’ala sinistra del movimento, sempre più vicina a Conte e sempre più pappa e ciccia con il Pd. Ma il problema vero è che Conte vola nei sondaggi e larga parte del Movimento ora vorrebbe lui come leader, mentre Di Maio è proprio alla leadership che sta di nuovo puntando, ma non direttamente… In autunno ci saranno i famosi “Stati generali” dei grillini per la nomina del nuovo capo politico. E lì si scopriranno le carte. Come scrive L’Espresso, “il ministro, ad ora, ha deciso di non ricandidarsi, ma sa che chiunque vorrà avere speranze di succedergli, dovrà bussare alla sua porta”. E qui veniamo al tema dei rapporti di cui si diceva all’inizio.

Emiliano Fittipaldi, su L’Espresso, ricostruisce la ragnatela: “Di Maio è un politico scaltro e calcolatore, con una rete di potere di tutto rispetto, che sarà comunque decisivo per il futuro del Movimento. A due anni dal trionfo dei grillini alle elezioni del 2018, giostrandosi tra due governi, tre ministeri e una vicepresidenza a Palazzo Chigi, il ragazzo di Pomigliano ha dimostrato che il potere lo sa maneggiare. Nei palazzi ha imparato a muoversi con cinismo e imperio, e una capacità di lottizzazione seriale che nessuno gli accreditava. Nell’ultimo anno, soprattutto, il ministro si è infatti dedicato anima e corpo alla costruzione di una galassia relazionale dentro gli apparati statali. Mettendo in piedi, ben oltre il suo storico cerchio magico targato Pomigliano, un gruppo di burocrati, amministratori delegati, vertici ministeriali e commis di società pubbliche che non rispondono né al Movimento, né a Beppe Grillo né a Casaleggio. Ma direttamente a lui”.

Partiamo dai dicasteri. “Di Maio ne controlla, direttamente o indirettamente, almeno tre. Alla Farnesina, poco influente ai tempi di Enzo Moavero Milanesi, ha accentrato nelle mani sue e dei suoi centurioni (tra cui s’annovera il portavoce Augusto Rubei e l’ambasciatore Ettore Sequi, ex feluca a Pechino e oggi capo di gabinetto) non solo la diplomazia, ma pure la gestione del Commercio estero dell’Ice. L’istituto che cura il Made in Italy da sempre era ente vigilato dal Mise. Ma Stefano Patuanelli, messo lì a fare il ministro anche grazie ai rapporti stretti con Di Maio, è stato costretto ad accettare il ratto. Anche la Simest, società di Cassa depositi e prestiti votata allo sviluppo all’estero delle nostre imprese, è finita sotto il controllo del Mae a inizio 2020: come presidente Di Maio ha voluto Pasquale Salzano, ex ambasciatore italiano in Qatar oggi pure a capo degli Affari internazionali in Cdp (guidata da un manager che a Di Maio de-ve più di qualcosa, Fabrizio Palermo). Il numero uno di Ice è invece Carlo Ferro, che fu indicato al ministro direttamente da Assolombarda: il rapporto tra i due è ottimo, e Luigi spera che possa ora fare anche da “sherpa” con il nuovo leader di Confindustria Carlo Bonomi, che ha iniziato il mandato accusando Palazzo Chigi di essere “unfit” ad affrontare lo tsunami economico del dopo Covid. Nell’Ice anche il di-rettore generale Roberto Luongo è considerato vicinissimo a Di Maio: spostato da Carlo Calenda ad altri incarichi nel 2016, è stato richiamato dal grillino e rimesso sulla sua vecchia poltrona”.

Al ministero, oltre agli ormai noti Casaleggio Boys Cristiana Belotti e Pietro Dettori, nell’esercito di Luigi militava fino a qualche giorno fa anche Carmine America: “L’ex compagno di scuola a Pomigliano d’Arco per 80 mila euro l’anno era ‘consulente per la sicurezza e difesa’. Adesso è stato promosso (inopinatamente secondo i più) nel cda di Leonardo, il nostro colosso degli armamenti. A Piazza Monte Grappa il ministro ha piazzato anche la professoressa del Link Campus Paola Giannetakis. Alla Farnesina Di Maio e Sequi, ovviamente, comandano a braccetto con Elisabetta Belloni. Il segretario generale della Farnesina, stimata dall’intero arco costituzionale e dal Quirinale, è il perno di tutta la macchina da quattro anni, e non ha mai rischiato il posto. Anzi: nelle ultime settimane l’ipotesi accarezzata da Giuseppe Conte di sistemare sulla sua poltrona il fidato consigliere Pietro Benassi (con spostamento della Belloni ad altro incarico di rilievo, come i servizi di intelligence esterni che finiranno a Gianni Caravelli) s’è infranta sul niet di Di Maio”.

E ancora: “Il grillino ha lasciato allo Sviluppo economico una parte delle sue truppe. Patuanelli è circondato dalla segretaria Assia Montanino, assunta da Di Maio nel 2018, dal capo della segreteria tecnica Daniel De Vito, dal numero uno dell’ufficio legislativo Enrico Esposito, ex collega di università di Gigi scoperto dall’Espresso a twittare spazzatura omofoba. E se il fidato Salvatore Barca, figura centrale del Mise, è rimasto segretario generale con pieni poteri, l’ex capo di gabinetto del Mise Vito Cozzoli è stato invece spostato in una posizione di peso e prestigio: oggi è presidente di Sport e Salute, spa in house del ministero dell’Economia. Anche Girgis “Giorgio” Sorial, dimaiano di ferro al centro di polemiche feroci per la mancanza di un’esperienza adeguata a gestire le difficili crisi aziendali che planano sui tavoli degli uffici di via Molise, sarà sostituito con un classico promoveatur ut amoveatur: per lui pare sia pronta una se-dia da presidente della società Traforo del Monte Bianco (gli azionisti di maggioranza sono Autostrade e Anas). Al ministero del Lavoro i fedelissimi riferibili strettamente a Di Maio, oltre alla stessa ministra Nunzia Catalfo, non sono tantissimi: tra loro, c’è di sicuro il portavoce Luigi Falco”.

Ma anche quasi tutti i vertici delle agenzie chiave del settore sono ancora appannaggio della corrente di Gigi. Lo sospettavate? Scrive Fittipaldi: “All’Inps siede il presidente Pasquale Tridico e, nel cda, Rosario De Luca (Di Maio l’ha conosciuto ai tempi della vicepresidenza della Camera, e fu colpito da alcune sue proposte sul microcredito). All’Inail siede il vicepresidente Paolo Lazzara, professore che scrisse per Di Maio il decreto per i rider. Anche il capo dell’Ispettorato nazionale del lavoro, il generale dei carabinieri Leonardo Alestra, è stato chiamato direttamente da Luigi: il nome gli fu fatto dal comandante Giovanni Nistri, con cui Di Maio mantiene da sempre un ottimo rapporto”. È tutto? Macché: “Negli ultimi mesi ha affondato gli artigli nel deep state chiamando all’Agenzia del Demanio (come direttore) Antonio Agostini, un funzionario in forze a Palazzo Chigi diventato amico di Luigi anni fa. Poi è stato il turno di Marcello Minenna al Demanio. Totalmente “dimaizzata” appare anche l’Anpal, l’Agenzia per le politiche del lavoro. Qui Luigi ha prima ha chiamato dal Missisipi, come presidente, Mimmo Parisi, poi ha infilato nel cda dell’agenzia pure Giovanni Capizzuto, il suo ex segretario tecnico del ministero del Lavoro”.

“La rete di Giggino è gigantesca: voi parlate solo delle nomine più discutibili, dei protegè più implausibili. Ma lui in pochi mesi ha allungato i tentacoli dappertutto”, ragionano i nemici interni con L’Espresso. Ma Fittipaldi continua, perché la rete è davvero gigantesca: “All’Enav Di Maio, senza chiedere il permesso a nessuno, nell’ultimo giro nelle partecipate ha invece piazzato Paolo Simioni, che fu ad di Atac dietro cooptazione diretta di Luigi. Di seguito ha miracolato alla presidenza dell’Eni Lucia Calvosa. Ancora, ha incoronato come presidente di Enel Michele Crisostomo, poi Elisabetta Lunati nel cda di Poste”. Se negli enti pubblici i dimaiani nelle posizioni di vertice sono una ventina, il ministro degli Esteri – per non farsi mancare nulla nella su abbuffata – ha voluto una trentina di accoliti nelle partecipate. Quali?

Lo spiega sempre Fittipaldi: “Nella cruciale Cassa depositi e prestiti, Di Maio può contare sull’amicizia di Francesco Floro Flores (imprenditore napoletano che risulta all’Espresso essere gestore dell’Arena Flegrea, dove si svolse “Italia a Cinque Stelle” nel 2019) e Fabiana Massa, napoletana e professoressa di diritto commerciale. Il sodale Emanuele Piccinno è finito all’Eni, mentre Marco Bellezza (suo ex consigliere all’innovazione allo Sviluppo economico) a gennaio è diventato amministratore delegato di Infratel, società in house del Mise che si occupa di banda larga. Non solo: Bellezza siede anche nel cda di Cdp Venture Capital, a cui fa capo il Fondo nazionale innovazione. Anche il presidente del fondo, Enrico Resmini, con Di Maio ha un eccellente rapporto. La lista è sterminata. Comprende pedine importanti nelle banche, al Monte dei Paschi il nuovo ad Guido Basiannini è stato chiamato da lui e Riccardo Fraccaro. In Anas: l’ad Massimo Simonini è targato Cinque Stelle, nelle Ferrovie, nell’Ilva di Taranto, pure nel cda di Invitalia il grillino ha chiamato qualche settimana fa fa una sodale di ferro: Paola Ciannavei”. E ora ridite a Di Maio che è uno sprovveduto, un impreparato e che non azzecca i congiuntivi… Ecco la sua rete, e così si spiega tutto.

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