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La sanità campana affonda e De Luca imbavaglia medici e infermieri

Pubblicato il 09/10/2020 11:14 - Aggiornato il 09/10/2020 11:21

A voler essere un po’ sentenziosi cascherebbe a pennello il detto: “chi la fa l’aspetti”. Proprio chi si è particolarmente distinto durante il periodo della quarantena per le insolite campagne, alcune delle quali diventate virali in maniera più che ironica, adesso finisce sotto i riflettori per tutto il contrario di quello che predicava.

Parliamo del Governatore della regione Campania, il cui numero dei contagi negli ultimi giorni si è elevato notevolmente, tanto da essere il territorio dello stivale più colpito e il cui sistema sanitario sembrerebbe trovarsi notevolmente in difficoltà.

Lascia moltissimi sospetti la notizia dell’imposizione di Vincenzo De Luca con la quale ha vietato a medici ed operatori del settore di fornire liberamente informazioni ai giornalisti riguardanti la situazione sanitaria. Riprendiamo da un’intervista che compare sul sito affaritaliani.it alcune dichiarazione rilasciate dal dottor Pierino Di Silverio, dirigente medico presso l’Azienda ospedaliera dei Colli Monaldi di Napoli e responsabile nazionale giovani di Anaao-Assomed, associazione di dirigenti e medici.

Il dottore ha precisato che “non è vero che le terapie intensive sono piene”, ma sono vicini al collasso “i reparti di degenza e di subintensiva, cioè quei reparti che accolgono soggetti che non hanno necessità di essere ricoverati in terapia intensiva”.

Il governatore De Luca è in carica dal giugno del 2015, in Campania il problema non nasce ai giorni d’oggi, con il Covid. Il rapporto tra il numero di abitanti e il numero di posti letto non è rispettato: “Non abbiamo posti letto. In Italia il decreto che indica quanti posti letto per 1000 abitanti devono esserci ci dice che devono essere 3,7 posti letto per ogni 1000 abitanti, di cui 0,7 destinati alla riabilitazione. In Campania questo rapporto non è mai stato rispettato, siamo intorno al 2,2-2,4 per 1000 abitanti”.

Non solo posti di terapia intensiva, ma anche carenza di personale. Di Silverio spiega: “Ogni anno ci arrivano di media 70-80 milioni di euro in meno e perdiamo anche 350 milioni di euro all’anno per la mobilità passiva (il denaro che si paga per compensare le prestazioni sanitarie erogate ai propri assistiti ma che vanno a curarsi in altre regioni)..”

Il dirigente medico continua precisando: “L’utenza vive il disagio dell’impossibilità di accedere alle cure. Se io cittadino devo fare una Tac e devo aspettare 3 mesi o la faccio nel privato o me ne devo andare fuori regione. Stessa cosa accade se per fare un intervento chirurgico devo aspettare 5 mesi. Questo è il problema principale ed è dovuto ad un’assenza di infrastrutture e di personale”.

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