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Colleferro, per i responsabili della morte di Willy ora carcere duro e pena certa

Pubblicato il 08/09/2020 14:02 - Aggiornato il 08/09/2020 14:06

Una storia agghiacciante, resa ancora più intollerabile dai dettagli emersi ora dopo ora sulla drammatica morte di Willy Monteiro Duarte, il ragazzo ucciso a calci e pugni a Colleferro per dei banali motivi. Morto a 21 sotto la furia di Mario Pincarelli, Francesco Belleggia e dei fratelli Marco e Gabriele Bianchi, un agguato organizzato e durato venti minuti. Abbastanza affinché il corpo del giovane venisse martoriato, violentato fino a causarne la morte.

Colleferro, per i responsabili della morte di Willy ora carcere duro e pena certa

Un caso di fronte al quale non si può restare indifferenti e non si possono cercare giustificazioni. E davanti al quale, ora, lo Stato non può far finta di non vedere, di non sentire. Servono provvedimenti esemplari per quelli che sono degli assassini, dei teppisti abituati a risolvere con la violenza ogni difficoltà, vantandosi del loro strapotere fisico. “Li conoscevano tutti, erano sempre in mezzo a qualche rissa” è la testimonianza di chi abita nel comune romano. Le porte del carcere devono restare chiuse, una volta che tutti e quattro le avranno varcate.

Colleferro, per i responsabili della morte di Willy ora carcere duro e pena certa

Galera a vita per chi non si è fermato nemmeno quando aveva ormai davanti a sé un corpo inerme che esalava gli ultimi respiri. Ha continuato a colpire allo sfinimento, senza preoccuparsi neanche un istante delle conseguenze della sua rabbia folle, inumana. Che sia da esempio per quegli amici che, con altrettanto inumano cinisimo, commentavano in queste ore la notizia dell’arresto così: “In fin dei conti cosa hanno fatto? Niente. Hanno solo ucciso un extracomunitario”. Parole registrate dai cronisti di Repubblica e che fanno accapponare la pelle, rivoltare lo stomaco.

Colleferro, per i responsabili della morte di Willy ora carcere duro e pena certa

La passione per le arti marziali, i tatuaggi, i simboli paramilitari. I precedenti penali alle spalle. Questo hanno in comune i fratelli Bianchi, Pincarelli e Belleggia. “La banda del Suv”, come li chiamavano persino le forze dell’ordine. Intervenuti per aggredire un amico di Willy e poi, quando quest’ultimo si è messo in mezzo per riportare la pace, incapaci di fermare un istinto feroce che non ha lasciato scampo alla vittima. Gli interrogatori chiaranno anche gli ultimi dettagli di questo caso terribile. Il carcere a vita per tutte i responsabili materiali di una morte così ingiusta è l’unica risposta che la giustizia deve fornire.

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