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Chi prende il reddito lavori per la cittadinanza

Pubblicato il 27/09/2021 13:53 - Aggiornato il 27/09/2021 13:54

Di Gianluigi Paragone.

Il reddito di cittadinanza comincia a diventare un problema se pure nelle periferie delle grandi città, tra mercati e case popolari, la gente ne parla male: <Prendono 800 e 900 euro senza fare un cavolo>, è l’urlo che si leva tra le bancarelle e tra i pensionati.

Chi mi conosce sa che non sono pregiudizialmente ostile ad una misura emergenziale che vada in soccorso a chi è in difficoltà; lo divento quando, oltre al cronico fallimento dell’incrocio tra domanda e offerta (l’amico di Di Maio, Mimmo Parisi ha combinato un casino epocale), si consolida tra le stesse persone in difficoltà la percezione che sia una diseguaglianza o una ingiustizia. Vuol dire che la rete di controllo sociale ha registrato il pieno di furbetti.

Le ragioni non mancano. Ed è inutile mettersi qui a fare filosofia: il reddito genera una condizione dove l’emergenza può diventare uno stato di immobilità e non un luogo da cui uscire. La rabbia dei commercianti o dei piccoli imprenditori che si sentono rimbalzare è fondata; pertanto il reddito di cittadinanza va preso di petto. Da qui la mia proposta che intendo perseguire per Milano, città dove mi candido a sindaco, nella illusione che qualcun altro la possa fare propria.

Chi prende il reddito di cittadinanza deve capire lo sforzo che la comunità compie per offrire un reddito, ma che questa generosità non può essere né per sempre né gratis. Se i centri per l’impiego non funzionano, tale deficit non può diventare un alibi per stare fermi. L’idea che metterò in campo se diventassi sindaco è creare una struttura del Comune che si prenda in carico – fino a nuova offerta di lavoro come da legge – queste persone e dia loro una “mansione di cittadinanza” corrispettiva al “reddito di cittadinanza” e con la garanzia di una assicurazione a carico dell’amministrazione. Cinque giorni con orario part time alternato tra mattina e pomeriggio. Si tratterebbe di mansioni inerenti la pulizia di ciò che è pubblico e la cura di persone in difficoltà, soprattutto anziani. Penso per esempio alla pulizia delle strade, dei parchi e delle areee verdi (con risvolti anche sul piano della sicurezza). Penso a funzioni a sostegno di anziani, dalla spesa all’accompagnamento, e di persone in difficoltà (famiglie con disabili a carico). Nessun percettore del reddito di cittadinanza può sottrarsi a questa “mansione di cittadinanza” pena il decadimento del reddito stesso previa segnalazione al prefetto e al ministero del Lavoro.

Un secondo step, che vale come prima offerta di lavoro, si inserisce nella cura degli alloggi popolari in capo al Comune e in autogestione; e riguarda tutti i lavori di manutenzione ordinaria degli alloggi, dallo svuotamento delle cantine ai lavori di tinteggiatura passando per altri interventi che in autogestione siano considerati urgenti.

Su questa seconda opzione, sempre l’amministrazione comunale potrebbe promuovere una fase di sperimentazione (da allargare ai privati in caso di successo) per cui il reddito viene considerato come base retributiva cui aggiungere un di più esentasse per un periodo tra i tre e i cinque anni, con copertura assicurativa sempre a carico del datore di lavoro.

Quel che proponiamo, in attesa di un riordino della misura, può mettere a tacere le voci negative e salvare un principio di sostegno emergenziale.