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“Sì, può essere licenziato”. La decisione della Cassazione: cosa non si deve assolutamente fare

Pubblicato il 26/08/2023 14:48 - Aggiornato il 26/08/2023 14:50
Cassazione allusioni sessuali licenziamento

Mentre l’Italia è ancora sconvolta dalla ignobile ondata di stupri e violenze, e da ogni direzione partono riflessioni, dibattiti e discussioni sui perché e su come arginare questa deriva, dalla Cassazione arriva una decisione per certi versi rivoluzionaria. “Le allusioni a sfondo sessuale sul posto di lavoro giustificano il licenziamento disciplinare del lavoratore anche se avvengono in un clima di goliardia”. Lo stabilisce una sentenza della Cassazione in cui i giudici hanno confermato quanto già deciso in precedenza dal Tribunale di Arezzo e poi dalla Corte d’Appello di Firenze che avevano individuato una giusta causa di licenziamento nel comportamento di uomo. Cosa era successo? (Continua a leggere dopo la foto)
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Come ricostruisce Repubblica, tutto parte dalla denuncia che gli è stata mossa sia dalla collega (vittima delle allusioni sessuali) che dalla società. Le allusioni verbali e fisiche a sfondo sessuale sono state rivolte da un uomo a una giovane neoassunta con contratto a termine assegnata a mansioni di barista. L’atteggiamento è stato definito dai giudici “indesiderato e oggettivamente idoneo a ledere a violare la dignità della collega di lavoro”. Secondo la Cassazione, dunque, nessuna giustificazione sarebbe derivata dal fatto che “fosse assente la volontà offensiva e che in generale il clima dei rapporti tra tutti i colleghi fosse spesso scherzoso e goliardico”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Cassazione, sì al licenziamento per allusioni sessuali

Nel ricorso il lavoratore aveva sostenuto l’”inattendibilità” della collega perché il gip aveva archiviato una sua denuncia di violenze sessuali e stalking. Ma per la Cassazione “il reato di stalking era estraneo ai fatti per i quali era stato licenziato” mentre l’archiviazione della violenza era dovuta alla tardività della querela e non a ragionamenti nel merito. Nel secondo motivo del ricorso, il legale dell’uomo aveva invocato l”inidoneità” delle allusioni a ledere la dignità. Ma per la Cassazione la Corte d’Appello si è mossa correttamente nell’ambito della definizione di molestie sancita dalla legge.

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