x

x

Vai al contenuto

Pescatori rapiti in Libia, i familiari si radunano sotto casa di Alfonso Bonafede

Pubblicato il 11/12/2020 16:34

“Ministro, dove sei?. La nave turca è stata rilasciata dopo 5 giorni e noi da 3 mesi aspettiamo i nostri pescatori: è vergognoso!”. I familiari dei 18 pescatori bloccati in Libia dal primo settembre sono allo stremo. Non ne possono più di aspettare, e con il Natale alle porte la paura e l’assenza crescono sempre più. Per questo hanno deciso di radunarsi a Mazara del Vallo e protestare nei pressi dell’abitazione dei genitori del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. “Sei incompetente, com’è possibile che erano a 7 miglia da Tobruk e sono già stato liberati e noi ancora qui ad urlare da 102 giorni?”, chiede Giuseppe Giacalone, armatore di uno dei pescherecci fuggiti la notte del sequestro e padre di uno dei marittimi tuttora in stato di fermò in Libia.

Lo scorso 5 dicembre i militari dell’Lna (Libyan National Army) del generale Khalifa Haftar avevano fermato la nave turca ’Mabroukà con 17 membri dell’equipaggio, rilasciati nella mattinata del 10 dicembre in seguito al pagamento di un’ammenda. Come riporta Il Tempo, al grido di “Liberate i pescatori”, i familiari hanno protestato ricorrendo a fischietti ed esponendo lo striscione simbolo della loro denuncia. Sul luogo presenti anche gli agenti della Digos.

“Mio marito e gli altri uomini erano andati a lavorare, noi tasse non ne paghiamo più”, dice Cristina Amabilino, moglie di uno dei pescatori, guardando verso l’abitazione in cui abitano i genitori di Bonafede. Presente sul posto anche il presidente del Consiglio comunale, Vito Gancitano, secondo cui “questa protesta fa capire tante cose, queste persone non ce la fanno più, non ci sono più parole da spendere, soprattutto dopo questo episodio (la liberazione della nave turca, ndr) se non l’ennesimo appello a tutte le istituzioni, compreso il nostro concittadino Alfonso Bonafede”.

“Chiamate vostro figlio, bisogna intervenire adesso” dicono i familiari. “Siamo completamente abbandonati e rischiamo di sentirci male fisicamente, qui ci sono donne anziane che non sanno più a che santo votarsi”, dice in lacrime Anna Giacalone, madre di uno dei 18 pescatori. Nel corso della protesta, Cristina Amabilino, moglie di un altro dei pescatori, ha telefonato in modalità viva-voce alla Farnesina, chiedendo di poter parlare con il ministro Luigi Di Maio, “ovviamente” senza esito positivo.

Ti potrebbe interessare anche: Il Guardian inchioda Oms e governo italiano. Le testimonianze esclusive