L’Islam non è una religione, non nel senso che attribuiamo al termine, ma è piuttosto un colossale corpus giuridico che permea ogni, pur minimo, aspetto della vita sociale e privata dei fedeli, in base ai precetti della Sharìa che risalgono a 1400 anni fa e che sono rimasti immutati mentre il mondo si evolveva. E ancora l’Islam ha un problema, evidente, con il corpo e le libertà della donna (anche se le femministe di casa nostra sembrano non accorgersene). Tralasciamo, in questo articolo, ogni riflessione sulla difficoltà nella integrazione di individui che non si vogliono integrare – e che rappresentano l’antitesi dei valori che, almeno in teoria, guidano le società democratiche in Occidente – e ritorniamo sul tema delle donne e, in particolare, delle bambine. Trasferiamoci, dunque, a Monfalcone, in provincia di Gorizia, una delle “capitali” dei musulmani in Italia, dove un abitante su tre è straniero, in larga parte di fede islamica. (Continua a leggere dopo il VIDEO)
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A #Drittoerovescio la storia di Dalal, costretta al matrimonio islamico a 11 anni pic.twitter.com/oyXKzfyx9K
— Dritto e rovescio (@Drittorovescio_) November 9, 2023
La religione “giustifica” la sottomissione
Il reportage di Dritto e Rovescio, la trasmissione di Rete 4 condotta da Paolo Del Debbio, ha mostrato uno dei centri islamici di preghiera stracolmi di uomini, solo uomini, perché le donne sono segregate in casa; non possono uscire se non accompagnate dal marito o da un altro componente maschile della famiglia, e sono costrette a indossare il velo sin dalla più tenera età. “Molte delle nostre donne indossano il burqa come impone la religione, le bambine iniziano presto con il velo così quando sono grandi possono passare anche loro direttamente al burqa”, è il raccapricciante pensiero che, con disarmante convinzione, ha espresso uno dei musulmani intervistati. Un destino atroce, che si accompagna ai matrimoni combinati sin dalla più tenera età delle bambine, e di cui ci si occupa solo quando, come nel caso della povera Saman Abbas, il tutto sfocia in tragedia. A tal proposito, come nel video che vi mostriamo, è stata intervistata Dalal, una giovane donna costretta dalla famiglia al matrimonio a soli 11 anni. Tornando al velo, che è simbolo perfetto della segregazione femminile, la Garante nazionale dei diritti per l’infanzia, Laura Saicovich, ha lanciato l’allarme: “Iniziano a 8 o 9 anni” a indossare il velo. E ancora: “Ho denunciato varie volte la situazione, la precocizzazione nell’indossare il velo da parte delle bambine è preoccupante”. (Continua a leggere dopo la foto)
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“Non sono interessati all’integrazione”
Anche il sindaco di Monfalcone, Annamaria Cisint, ha potuto testimoniare questa realtà di sopraffazione in collegamento esterno dalla sua città: “Circa settemila qui sono musulmani e sono molto radicalizzati, stanno facendo un lavoro di sostituzione”, e poi: “Non sono interessati all’integrazione ma alla sostituzione ed è quello fanno portando la loro civiltà all’interno della città”.
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