L’Unione Europea continua l’assedio all’Italia sulle concessioni balneari, che Bruxelles vorrebbe veder tolte alle famiglie che danni le gestiscono (con tanti investimenti nel tempo) per essere assegnate all’asta, a tutto vantaggio delle multinazionali straniere pronte a fare affari d’oro. Nelle scorse or si è espressa in merito la Corte di giustizia Ue, che ha ribadito come le licenze dei circa 15mila stabilimenti che occupano i litorali del Belpaese vanno rimesse a gara, come già previsto dalla direttiva europea sulla concorrenza. “Le concessioni di occupazione delle spiagge italiane – hanno spiegato i giudici di Lussemburgo – non possono essere rinnovate automaticamente, ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Come spiegato dal Messaggero, la decisione è arrivata dopo il ricorso in via pregiudiziale del Tar della Puglia, che aveva chiamato in ballo la Corte Ue in relazione a una causa tra l’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato e il Comune di Ginosa, in provincia di Taranto. Secondo i giudici europei, “tanto i giudici nazionali quanto le autorità amministrative sono tenuti ad applicare le norme pertinenti del diritto Ue, disapplicando le disposizioni nazionali non conformi” come quelle relative al rinnovo automatico e generalizzato delle licenze già esistenti. (Continua a leggere dopo la foto)
E meno male che, soltanto poche settimane fa, la Commissione aveva annunciato di voler affrontare il tema balneari “con spirito costruttivo”. Un proposito, evidentemente, durato molto poco, visto che è nell’aria anche la possibilità di una seconda procedura di infrazione contro l’Italia sempre per gli stessi motivi. Alla base dello scontro Italia-Ue c’è la famigerata direttiva Bolkestein, approvata nel 2006 e che obbliga gli Stati membri a bandire gare per la concessione di beni pubblici demaniali, tra cui le spiagge, in nome della libera concorrenza. Facile immaginare le conseguenze per tante famiglie in caso di applicazione forzata di queste norme anche nel nostro Paese. (Continua a leggere dopo la foto)
Un problema non da poco per chi, come Salvini e Meloni, aveva promesso in campagna elettorale che avrebbe difeso a tutti i costi gli italiani che da anni gestiscono le spiagge, facendo investimenti di tasca propria, e che rischiano ora di trovarsi con un pugno di mosche in mano. A far sperare il centrodestra è ora un passaggio: i giudici Ue riconoscono la possibilità di valutare la “scarsità” o meno delle spiagge (criterio che giustifica la messa a gara) anche attraverso un “approccio generale e astratto, a livello nazionale”. Secondo la Lega, questo vorrebbe dire mappare le spiagge, operazione che allungherebbe di molto i tempi. Non manca però chi, anche nel governo, sembra aver già alzato bandiera bianca.
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