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Autostrade, La Verità: “Lo zampino di Conte nei 7 miliardi regalai ai Benetton”

Pubblicato il 11/06/2021 10:53

A esultare, alla fine, sono stati proprio i Benetton. Perché se Atlantia, società da loro controllata, ha ceduto Aspi (Autostrade per l’Italia) alla cordata guidata da Cassa Depositi e Prestiti e i fondi Macquarie e Blackstone, Atlantia, e quindi i Benetton, si ritrova in cassa 7,9 miliardi. Con la cessione dell’88% di Aspi, Atlantia ha ceduto anche l’obbligo a realizzare nuovi investimenti, opere di manutenzione e migliorie strutturali. Investimenti per miliardi di euro, già in programma e che adesso si dovranno accollare i nuovi proprietari. Tutte cose che potevano, anzi dovevano, essere realizzate in questi tre anni dove invece il grosso è rimasto congelato. Con lo zampino di chi? (Continua a leggere dopo la foto)

Come attacca La Verità, proprio con lo zampino dell’ex premier Conte: “Tre uomini dello Stato che per la famiglia Benetton valgono tanto oro quanto pesano. Tre grand commis capaci di resistere al cambio di tre governi in una sola legislatura. I loro nomi sono Alberto Stancanelli, Luigi Carbone e Roberto Chieppa. Tre esperti di diritto amministrativo, che da anni fanno la spola tra i ministeri e Palazzo Chigi e che per due anni hanno trattato con gli uomini di Ponzano Veneto l’affare Autostrade. Un affare per il venditore Atlantia, visto che lo Stato, come ha spiegato La Verità domenica scorsa, ha offerto 21,3 miliardi per rilevare Aspi, andando a spendere 7.37 miliardi in più di quanto avrebbe dovuto versare se avesse semplicemente esercitato il diritto di recesso”. E il giochino è tutto qui. (Continua a leggere dopo la foto)

E se Stancanelil e Carbone, in quanto capi di gabinetto dei due ex ministri competenti sul dossier, ovvero Roberto Gualtieri (Mef) e Paola De Micheli (Mit), avevano più di un buon motivo per sedersi a quel tavolo – scrive ancora La Verità – “Chieppa invece era ed è il segretario generale di Palazzo Chigi. E la sua presenza era decisamente impropria. Ma in quanto braccio destro dell’ex premier Giuseppe Conte, doveva controllare e gestire le trattative per conto del sedicente ‘avvocato del popolo'”. (Continua a leggere dopo la foto)

Il 14 agosto dello scorso anno, nel secondo anniversario della tragedia, Conte raccontò ai parenti delle vittime: “Non voglio essere polemico, sicuramente con Autostrade è stato un negoziato faticosissimo e durissimo. Ancora aspettiamo di mettere le firme sull’accordo finale”. Mentre Di Maio, anche dopo la scelta di restare al governo con un Pd storicamente legatissimo ai Benetton, faceva ancora la faccia feroce: “La revoca rimane sul tavolo, non è mai stata esclusa”. Ma la “non esclusione” era solo l’ennesimo gioco di prestigio verbale, dopo il capolavoro del “procedimento in corso per la caducazione delle concessioni” tirato fuori da Conte (primo ottobre 2019). (Continua a leggere dopo la foto)

“La verità è che la revoca è sempre stata una minaccia finta e che avrebbe scatenato una guerra giudiziaria con Atlantia dai costi imprevedibili. Per questo, anziché ricoprire di miliardi la dinastia dei golfini, sarebbe bastato esercitare il diritto di recesso e poi aspettare serenamente che i manager dei Benetton se la vedessero con la giustizia. Il fatto più grave, però, è che la trattativa è stata gradualmente allontanata dai riflettori”.

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