Un libro che racconta dettagli inediti del caso Moro. Avanzando teorie mai portate alla luce finora. L’autore, il criminologo e operatore di intelligence della Nato Riccardo Sindoca, è stato intervistato da Libero Quotidiano, spiegando la sua versione dei fatti su quanto accaduto la mattina del 16 marzo 1978. Quando, a suo dire, l’onorevole della Dc non si trovava, in realtà, in via Fani: “Testimonianze e documenti assicurano che Moro fu prelevato prima di via Fani. I Br non ebbero capacità tecnica di sparare senza colpirlo, lo assicura un killer professionista, addestrato dai sovietici e reclutatore di Carlos lo Sciacallo. Bassam Abu Sharif depose davanti alla commissione Fioroni: ‘Le Br non hanno rapito Aldo Moro… Le Br non avevano la possibilità di uccidere cinque guardie del corpo senza che Aldo Moro venisse ferito'”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Sarebbe stato proprio Moro a nascondere parte delle notizie sul suo rapimento? “Io ho fatto l’esame filologico della prima lettera a Francesco Cossiga, del 29 Marzo e di quella alla signora Nora per Pasqua, mai pervenuta – ha spiegato Sindoca – Nel libro dimostro che Aldo Moro comunica che della sorte della scorta (e quindi dell’agguato di via Fani) non sa nulla. Cossiga disse alla prima commissione Moro che le lettere furono esaminate con metodi artigianali”. (Continua a leggere dopo la foto)
Una serie di anagrammi svelerebbe la reale posizione di Moro al momento del rapimento: “Negli anagrammi dice che era ‘in terra dantesca’, in una casa con ‘tre tetti nascosti’, nelle mani di ‘popolo russo’, trasportatovi ‘in elicottero’. Perché uccisero la scorta? Perché testimoni di quanto avvenuto prima di via Fani, per ottenere il triplice distacco: Moro separato dalla scorta, dall’inseparabile Oreste Leonardi e dalle sue cinque borse, una delle quali lo seguiva ovunque”. (Continua a leggere dopo la foto)
Chi avrebbe agito in via Fani? “Il Gru, servizio segreto militare sovietico, avvalendosi del gruppo Carlos, anche per collocare esplosivo ad alto potenziale nella Mini Cooper verde col tetto nero, parcheggiata davanti al bar Olivetti e alle spalle dei Br che sparacchiarono contro l’Alfetta. L’annientamento di Oreste Leonardi e di Domenico Ricci, i due carabinieri di gran lunga più pericolosi dei cinque della scorta, fu operato con totale sorpresa, senza spruzzi di sangue”.
Il tutto con la presenza “certa” di un “traditore” nelle alte sfere dello Stato: “I Br seppero un mese prima che l’agguato sarebbe avvenuto in via Fani”. Moro sarebbe stato anche torturato durante la prigionia: “Il verbale di autopsia dedica dieci righe a quattro costole di Aldo Moro, rotte in tempi differenti. Meno di due righe liquidano un ‘vasto edema cerebrale’. Il verbale fu occultato alle Commissioni parlamentari di inchiesta e ai magistrati”.