La povertà che azzanna le famiglie. La povertà che chi è al governo fa finta di non vedere. Il 2020 lascerà in eredità al 2021 altri 5 milioni e mezzo di italiani in difficoltà, oltre agli 8,8 milioni esistenti. In totale, oltre 14 milioni. Tra questi tanti minori, i nuovi poveri. Un milione e 137 mila under 18 già lo scorso anno erano in povertà assoluta: fame vera, poche o zero cure sanitarie, istruzione a intermittenza. Un altro milione potrebbe aggiungersi quest’anno, calcola Save the Children. L’Italia che piange i suoi morti Covid si risveglierà anche più povera e sola.
A fare un’analisi dei tragici numeri è Valentina Conte su Repubblica: “I quasi poveri rischiano di diventare nuovi poveri. Parliamo di 1,9 milioni di famiglie italiane messe da Istat giusto sopra la linea standard che separa chi può permettersi spese per una vita dignitosa e chi no. Erano lì fino ad un anno fa, se la cavavano, un’ esistenza sul filo dell’ arrangiarsi. Poi la pandemia. E la recessione. Il 2020 potrebbe decretare il loro downgrading, a detta di statistici e sociologi. Farle scivolare giù nell’indistinto del bisogno. Fino ad aggiungersi a chi in quella povertà già ci vive: 3 milioni di nuclei, alla fine del 2019”.
E qui parliamo di povertà relativa che significa per una coppia non potersi permettere spese per mille euro o poco più al mese. “Ma tra i poveri relativi – scrive Valentina Conte – ce ne sono molti assoluti, non in grado di garantire ai loro cari neanche l’essenziale: il pasto, l’ affitto, un telefono, un mezzo per spostarsi. Lo spiega bene la Caritas nel suo Rapporto 2020. “Quasi la metà di chi si è rivolto ai centri d’ascolto e ai 62mila volontari in questi terribili mesi, non lo aveva mai fatto prima”.
Tra aprile e maggio, la rete Caritas ha registrato 446 mila richieste di aiuto per altrettante famiglie in crisi, scese poi in estate a 176 mila: “Un numero pazzesco e pure sottostimato, perché non tutte le diocesi hanno inviato i dati”. Tra un pasto da asporto e una bolletta scaduta, emerge l’Italia dell’ economia nera e grigia, quella sfiorata o anche ignorata dai 108 miliardi di aiuti messi in campo dal governo. I “nuovi poveri” sono i cosiddetti working poor, il ceto medio impoverito, lavoratori in eterna e insostenibile attesa della cassa integrazione o dei bonus da 600 euro.
Autonomi, irregolari, stagionali, intermittenti, precari. Dipendenti con la busta paga troppo leggera. Età bassa, famiglie giovani, bambini. Problemi con mutui e affitti. Ma anche impedimenti sanitari, psicologici, tecnologici. Manca tutto, non solo il cibo. I portatili per la scuola a distanza dei figli e la connessione a internet. I soldi per le rate e i farmaci di base. “Fronteggiata l’emergenza, dobbiamo evitare che si trasformi in un eterno presente”, dice don Francesco Soddu, direttore della Caritas. Il timore, condiviso da chi è in prima linea in quest’altra lotta a un male spesso invisibile ma tangibilissimo, è di una “normalizzazione” della povertà.
“Censis prevede per 5 milioni di italiani un Natale in bianco, altro che shopping o settimane sugli sci. E questo perché faticano anche solo a mettere in tavola pasti decenti. Figuriamoci brindisi e cenoni. Almeno 600 mila finiranno in povertà assoluta – calcola ancora il Censis – sommati ai 4,6 milioni esistenti. Chi nel dicembre 2019 aveva un reddito di 900 euro, ora se lo ritrova ridotto di un terzo”. Ma il governo se ne è accorto?
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