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Da Prodi a Franceschini, la vecchia guardia manda in tilt il Pd

Pubblicato il 27/03/2025 09:44

Nel giro di pochissimi giorni il Pd ha fatto i conti con la sua vecchia guardia e con vecchi alleati dell’era ulivista. Pochi giorni per far tremare via del Nazareno: . Qualcuno lo ha difeso, qualcun altro lo ha rimproverato, i più hanno fatto finta di niente borbottando<Ma cosa gli è saltato in mente?> , <Si vede che è stanco e sta invecchiando male> .
Romano sarà pure stanco per il tour di presentazioni che lo vede protagonista con Massimo Giannini e che nasconde il laboratorio politico centrista e moderato lanciato con Ruffini, ma quel gesto di tirare i capelli è stato assolutamente… patriarcale e maschilista. <Con queste uscite Romano non ci fa un favore> , si sarebbero confidati gli amici più stretti. <La tirata di capelli è evidente> . Avevano tentato di minimizzare, di dire che aveva toccato la spalla, ma il Var dei talk show ha mostrato il fallo di reazione da cartellino rosso.


E poi le frasi, il tono, l’atteggiamento proprio di vecchi baroni universitari che non sopportano il rispetto: come si è permessa quella giornalista di Mediaset a fargli una domanda irrituale? Lui che va in giro per il mondo a tener lezioni, lui che è stato presidente del Consiglio e presidente della Commissione europea. Lui che è e si sente Romano Prodi, il Professore. (Lui che per noi resta colui che ha acconsentito il maledetto cambio lira/euro a 1936,27 imposto da Germania e Francia; lui che è quello che “Grazie all’euro lavoreremo un giorno in meno e guadagneremo come se avessimo lavorato un giorno di più; lui che fece la seduta spiritica durante la prigionia di Aldo Moro e ottenendo dal piattino la risposta “Gradoli”…).
Prodi insomma oggi è un problema. E quelle immagini di lui che manca di rispetto a una donna, che le nega il diritto di fare domande e soprattutto non chiede scusa, imbarazzano il partito che sui diritti delle donne si era intestato (arbitrariamente) il primato narrativo. “Quando la mancanza di rispetto viene da sinistra o tocca donne di centrodestra, il Pd non solidarizza mai” è il coro che si alza dai banchi di FdI, Lega e Forza Italia. Difficile smentire.


Anche per questo, nel giro di poche ore, dal fallo di reazione di Prodi, ecco che un altro “grande vecchio” del Pd – Dario Franceschini – ha pensato bene (in accordo con la Schlein dicono i bene informati) di riequilibrare il torto alle donne con una uscita forte: “Diamo ai figli il cognome delle mamme”. Un colpo per cercare di togliere la marcatura asfissiante sul Professore e rimettere le donne al centro. Peccato che quell’uscita va bene se parla il romanziere ma non chi influenza le segreterie politiche: <Con tutti i problemi che ci sono, con tutto quello che possiamo contestare alla Meloni, si è messo pure Dario…> . Sottinteso: a tenerci all’angolo. In effetti, la proposta ha l’effetto di un petardo buttato durante una festa… dell’Unità. <Vediamo quanto dura> , commentano dal centrodestra.


A proposito di petardi, alla festa delle “vecchie glorie” non poteva mancare il subcomandante Fausto, cioé Bertinotti, il quale con la sua erre moscia ha ammesso che se avesse ascoltato in aula il discorso della Meloni, le avrebbe tirato un libro addosso. Giusto per non farci mancare nulla e come se non bastavano le promesse del vecchio Landini quando annunciava la “rivolta sociale” per i salari troppo bassi. (Magari la rivolta potrebbe iniziare da casa sua vista la morbidezza con cui la Cgil ha assistito ai danni compiuti dai tecnici, dai professori e dagli europeisti senza se e senza ma).

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