La nascita del nuovo partito di Matteo Renzi ha aperto scenari inediti, dentro e fuori dal Pd. Ad esempio è accaduto che non tutti i renziani abbiano seguito il capo. Alcuni sono infatti rimasti dentro il partito. Perché? Sono in molti a credere che stiano lì per fare il bello e il cattivo tempo: in questo modo Renzi apparentemente è fuori, ma con un colpo solo controlla sia il suo vecchio partito che il nuovo. Andrea Marcucci, capo dei senatori Pd, ad esempio è uno dei nomi forti che non segue la scissione renziana.
Lui è uno dei paladini dell’ex premier. Ha deciso di restare nel Pd e ha detto esplicitamente che uno dei motivi che lo spinge a non seguire il suo Re è che non vuole che la segreteria torni in mano ai vari D’Alema o Bersani o chi per loro. Ma è solo per questo?
La figura di Marcucci rappresenta alla perfezione il sistema politico in generale e in particolare quello degli ultimi anno: mai esprimere un’idea che vada oltre gli interessi personali. Si difende: “Mi ha ferito il dubbio di qualcuno come se io avessi fatto cose al servizio di qualcuno altro”. E c’è da credergli. Marcucci infatti non è mai stato al servizio di nessuno se non di se stesso (e della sua famiglia e della sua azienda).
Marcucci – come ricordano oggi in un articolo del Fatto Quotidiano a firma di Giorgio Meletti – è l’unico politico italiano (oltre a Berlusconi) a essere coinvolto nell’inchiesta Mani pulite “non per aver preso soldi ma per averli dati”, essendo un ricchissimo industriale farmaceutico. Subito dopo l’inchiesta Mani pulite, Giovanni Marone, segretario dell’ex ministro della Sanità Francesco De Lorenzo, accusa Andrea Marcucci di avergli dato almeno 70 milioni di lire per ottenere la pianificazione sulla sua tv Videomusic degli spot anti-Aids.
Marcucci si difende e parla del “contributo di un privato cittadino al proprio partito” che in effetti subito dopo lo fa deputato. Tutto si risolve nei soliti patteggiamenti e prescrizioni. Alle politiche del 2006 si candida nella Margherita e Romano Prodi lo fa sottosegretario. Stare nel governo per Marcucci è fondamentale per difendere gli interessi suoi e della sua azienda. Pochi mesi prima il governo Berlusconi ha fatto la norma che pone fine al monopolio della Kedrion (l’azienda di famiglia che ad oggi ha 2.317 dipendenti e un fatturato da 659 milioni e utili per 11,75 milioni) sui farmaci emoderivati.
“La legge per diventare efficace ha bisogno di decreti attuativi che ancora aspettiamo dopo 14 anni” – scrive Meletti – “durante i quali Marcucci è rimasto membro del governo o del Parlamento e il sistema sanitario ha pagato cifre stellari alla famiglia”. L’unico che in questi anni ha provato a sfidare il monopolio dei Marcucci è stato Ignazio Marino, anni fa. Poi è diventato sindaco di Roma e gliel’hanno fatta pagare come ormai noto…
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