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Via d’Amelio, 27 anni fa la mafia uccideva Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta

Pubblicato il 19/07/2019 11:15 - Aggiornato il 19/07/2019 11:16

Ventisette anni fa andava in scena l’ennesimo orrore della mafia, uno dei più gravi e drammatici di sempre. L’uccisione di Paolo Borsellino. La strage di via D’Amelio. Era il 19 luglio del 1992 quando vennero uccisi il procuratore aggiunto Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

“L’accelerazione della strage di Via D’Amelio è certa, bisogna chiedersi quale fu il motivo. La lettura che noi avevamo dato è che il giudice Paolo Borsellino potesse rappresentare un ostacolo alla prosecuzione della trattativa Stato-mafia. E la sentenza di primo grado dello stesso processo Trattativa si avvicina molto a questa tesi”. A dirlo è il pm, già nel pool di Palermo, Roberto Tartaglia, che sostenne l’accusa nel processo sulla stessa Trattativa e che oggi ha lasciato la Procura per diventare consulente della Commissione Antimafia.

Paolo Borsellino

Anche grazie al suo lavoro, l’istituzione presieduta da Nicola Morra ha deciso di togliere il segreto dargli archivi e dagli atti raccolti dal 1962, a partire dalla pubblicazione delle stesse audizioni inedite di Borsellino a San Macuto, sede dell’Antimafia, tra il 1981 e il 1991.

In occasione di questo ventisettesimo anniversario della strage di via D’Amelio, Tartaglia ricorda: “Fino a pochissimo tempo prima della sua esecuzione, via d’Amelio non era nei programmi di dettaglio di Cosa Nostra, dettati da Salvatore Riina”.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

“Anche Giovanni Brusca, collaboratore ritenuto più volte credibile, dice come dopo la strage di Capaci, su indicazione di Riina, Cosa nostra fosse al lavoro su altri obiettivi. Voleva uccidere l’onorevole Mannino, poi il brusco stop. Ma non solo. Anche Cancemi, collaboratore storico oggi deceduto, parla di una riunione fatta poco tempo prima di Via d’Amelio in cui Riina preannuncia la necessità di uccidere Borsellino, dimostrando una particolare urgenza”.

Riina diceva che fu “una cosa decisa alla giornata”. Cinquantasette giorni dopo la strage di Capaci, in cui moriva il giudice Giovanni Falcone insieme alla moglie e agli agenti della scorta, in via D’Amelio a Palermo una Fiat 126 imbottita di esplosivo veniva fatta saltare in aria davanti alla casa della madre del giudice Paolo Borsellino.

Paolo Borsellino

Ventisette anni dopo in via D’Amelio il ricordo del giudice, le commemorazioni, per la prima volta senza Rita Borsellino, morta lo scorso anno. Il fratello di Paolo, Salvatore, ha dichiarato: “Per me non si tratta solo di fare memoria, ma di lotta perché ogni volta dobbiamo ricordare che a ucciderlo non è stato il nemico, bensì il fuoco che proveniva dalle sue spalle, da chi doveva combattere insieme a lui. Per questo per me memoria significa lotta“.

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