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Tremonti avvisa gli italiani: “Non facciamoci fregare: il Mes è un enorme raggiro”

Pubblicato il 23/03/2020 10:00 - Aggiornato il 23/03/2020 10:01

Giulio Tremonti, nel bel mezzo dell’emergenza coronavirus, e con l’emergenza economica in corso, torna a chiedersi se sia ancora tempo di Unione europea. Ragiona sull’Ue, sull’Euro e soprattutto sul Mes. E lo fa, dando sempre ottimi spunti di riflessione, dialogando con Martino Cervo su La Verità. “Veniamo al Mes. Quando nasce l’idea degli eurobond, prima nel 1994 con il piano Delors, poi nel 2003 con la presidenza italiana, si pensa a titoli europei per finanziare non solo le infrastrutture, ma anche la Difesa. Il cancelliere inglese di allora mi disse: ‘No, thanks: questo è nation building’. Poi, nel 2009, nel pieno della crisi, con Juncker l’idea è di avere titoli non per fare più debito ma, rispettando i limiti previsti dal Trattato, sottrarsi al costo della speculazione. In una notte del 2009 all’Eurogruppo venne un notaio a raccogliere le firme per incorporare il fondo europeo come strumento privatistico, perché non aveva ancora basi nel Trattato. La discussione si sviluppò attorno a due principi: serietà sopra, nei bilanci, solidarietà sotto, e in mezzo la piattaforma per gli eurobond”. E poi?

“Poi tutto saltò con la crisi greca e con la Troika appunto: Bce, Fmi e Commissione che salvarono, con i nostri capitali e calpestando la nostra democrazia, le banche tedesche e francesi”. Draghi, Lagarde e Juncker… “Ripeto che la proposta degli eurobond era per creare debito veramente europeo, non debito nazionale controllato dall’Europa. Ora sento sigle dalla sinistra semantica sanitaria. Il punto è: chi emette i titoli per cui si inventa varia nomenclatura? L’ambiguità sprigionata dal detto-non-detto suggerisce l’uso bizantino della formula ‘quasi’: quasi eurobond. Oggi come oggi i nuovi titoli non può emetterli a statuto vigente la Banca europea degli investimenti. Per statuto va esclusa la Bce, in teoria potrebbe farlo la Commissione, ma in realtà in questo senso c’è solo un precedente, remoto e marginale. Ecco che arriviamo al Mes. La situazione oggi è questa: devi capitalizzarlo per attivarlo, e per capitalizzarlo devi sottoscrivere nel nostro caso circa 100 miliardi. Ovviamente facendo altro debito”.

Ma che senso ha se dobbiamo mettere soldi in un veicolo che poi ce li restituisce, se la Bce si è sostanzialmente impegnata a sottoscrivere i titoli di tutti? – chiede Cervo. E Tremonti spiega: “Assumendo che il Mes cubi 700 miliardi, e che all’Italia venga data solo la sua quota di competenza, nel dare e nell’avere mettere 100 vorrebbe dire avere solo qualcosa in più in termini finanziari. Ma pagando un altissimo prezzo politico. Sarebbe una partita di giro, anzi in realtà è una partita di raggiro. Possono raccontarcela come vogliono: avvio soft, finalità virtuose, eccetera. Ma l’ingresso del veicolo in Italia presuppone comunque fortissime condizionalità. Può essere che la partenza sia soft, ma l’evoluzione sarà hard. Anche perché c’è un punto che tutti hanno ignorato: il ministro tedesco deve riferire al Bundestag ogni minimo elemento dell’attività del Mes. Noi abbiamo costituzionalizzato l’Ue, la Germania l’ha germanizzata. Possono dire quello che vogliono, ma la disciplina del Mes spinge verso una direzione diversa da quella che ci viene raccontata”.

Continua Tremonti: “Nei palazzi e dintorni c’è in giro troppa gente che pensa di utilizzare il programma Mes per restare al governo come ha fatto Tsipras, il ventriloquo della Troika. Considerando quello che sta succedendo, e prevedendo quello che succederà a livello sociale nel Paese, il problema non sarà avere la fiducia dei mercati ma avere un governo che abbia la fiducia del popolo. Non tanto adesso, ma quando ci sarà la vera crisi economica in tutte le sue manifestazioni (posti di lavoro persi, aziende chiuse, disordini, mali tipici di queste fasi)”. Condivide la necessità di non bypassare il Parlamento in una circostanza del genere?

Conclude Tremonti: “Quella del Mes è una partita di raggiro, dato che la cifra economica è marginale, mentre quella politica è enorme. La chiamata dello straniero è un film che gli italiani hanno già visto nel 2011, effetti disastrosi compresi. Qualche tempo fa, prima della pandemia, a Londra ho avuto una conversazione con un importantissimo politico laburista inglese che mi ha detto: ‘L’errore fatto dal Regno Unito nel 2011 fu quello di non contrastare Merkel e Sarkozy che attaccavano l’Italia. È vero che il tuo era un governo proto-populista, ma allora fu consentito alla Germania di dominare sull’Italia e sull’Europa’. Quindi certo, come minimo bisogna passare dal Parlamento. Non è una idea mia peraltro: sta scritto in Costituzione”.

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