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L’economista Salerno Aletta: “Il Mes? Come con la Grecia: una morsa da cui non si esce”

Pubblicato il 22/04/2020 17:34 - Aggiornato il 22/04/2020 17:36

Guido Salerno Aletta, colto economista tra i più importanti del nostro Paese, Ha attraversato la storia d Italia dalla Prima alla Seconda Repubblica. Ogni sabato pubblica suoi contributi su Milano Finanza e diversi giorni la settimana sul sito Teleborsa. Ha recentemente rilanciato un’interessantissima intervista a lantidiplomatico.it sui possibili scenari dell’Italia e dell’Europa. Salerno Aletta tocca tutti gli argomenti bollenti di questa fase storica e politica: “L’Unione Europea è ormai sull’orlo di un’implosione in tre tronconi: uno Euro-mediterraneo, dove ci sarebbe anche l’Italia, uno del Nord germanocentrico e il cosiddetto Gruppo di Visegrad. I tempi sono lunghi. C’è in corso il tentativo di blindare ogni possibile deflagrazione dell’Unione, ma purtroppo lo strumento per tenerla unita è quello degli aiuti attraverso il debito. Come è successo per la Grecia: gli aiuti a debito sono una morsa da cui non si esce. Il MES per le spese sanitarie, così come il programma SURE, per non parlare dei prestiti erogati attraverso la Bei ed il Piano di Recovery Bond sono altrettanti strumenti di coesione forzata: ti aiuto, ma diventi debitore nei confronti della istituzione”.

Nella visione di Salerno Aletta, nel gruppo Euromediterraneo ci sarebbe anche la Francia: “La Francia è ad un bivio. Battuta nel 1870, sotto scacco nel 1914, invasa nel 1940 con le truppe naziste arrivate a Parigi, è stata il contrafforte continentale nei confronti della Germania. Ha un disavanzo commerciale enorme verso Berlino, perché non vive di subforniture come l’industria tedesca. L’Africa non le basta e le acquisizioni in Italia neppure. In una Europa che si disgrega, che perde pezzi, una alleanza a due, da sola con Berlino, non ha alcun senso. Nè dal punto di vista geopolitico né da quello economico”.

A livello monetario che cosa accadrebbe? “Lo scenario più plausibile è quello di una uscita dall’Eurozona dell’osso tedesco: Germania, Austria, Olanda, e forse Danimarca che ha mantenuto una sua valuta. L’euro attuale rimarrebbe per gli altri Paesi della cintura Atlantica e Mediterranea: Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, con la guida della Francia e la partecipazione del Belgio, insieme al Lussemburgo e Malta. Naturalmente, la prima riforma sarebbe quella della Bce, con la nuova sede nel Lussemburgo, al fine di trasformarla in una vera Banca centrale, in termini di obiettivi e di strumenti”.

Ha ancora senso per l’Italia restare nell’euro? “La risposta è semplice: occorre guardare ad un’area politica e monetaria più vasta. La crisi globale indotta dalla epidemia di coronavirus nasconde una instabilità enorme del sistema finanziario internazionale. Dal 2008 al 2020, sono rimaste in piedi tutte le asimmetrie e gli squilibri che avevano portato a quella crisi. Ora, reagiscono più velocemente alcuni sistemi, da quello cinese a quello giapponese, da quello americano a quello inglese, dove c’è coordinamento tra le politiche economiche dei governi e delle banche centrali. Serve una immediata monetizzazione, e non c’è che da procedere su questa strada, subito”.

Conclude Salerno Aletta: “La Bce si sta muovendo con qualche grado di libertà in più, portando ad ulteriori conseguenze le iniziative indispensabili per evitare l’implosione dell’euro. Ma sarà questa, con grande probabilità, la linea di frattura che porterà alla fine dell’Unione”.

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