La Francia non molla il Mediterraneo e continua a dar filo da torcere all’Italia, sua rivale per eccellenza nell’area. Oggetto del contendere è il gas, particolarmente caro a quell’Emmaneul Macron che da tempo si è trasformato in spina nel fianco per i nostri interessi. I cugini d’oltralpe e il Libano hanno così firmato una lettera d’intenti per l’acquisto di materiale bellico che avrà come obiettivo quello di blindare i giacimenti del gas libanese.
Il premier Saad Hariri, incontrando Macron, è stato chiarissimo: si tratta di un “investimento essenziale per il Libano per garantire la sicurezza e l’esplorazione dei nostri giacimenti offshore di petrolio e gas”. E ancora: “La Francia mostra ancora una volta il suo sostegno”. Un sostegno che dal punto di vista economico si traduce in 400 milioni di euro e che però è anche un modo per inserirsi pesantemente nell’off-shore libanese, quello in cui insieme a Total c’è anche l’italiana Eni.
Italia in Libia non significa però soltanto Eni, che continua a inserirsi nei vari blocchi con cui è diviso il fondale libanese. A fare da testa di ponte tra Roma e Beirut è anche la nostra tradizionale presenza militare nell’ambito della missione Unifil. Per capire il nostro peso, basta pensare che al comando della delicata operazione Onu c’è un italiano, il general Stefano del Col.
E però nelle ultime settimane Macron rischia di tagliarci fuori da diversi giochi, con un rapporto con Hariri che si è fatto sempre più intenso e un Libano che inizia a sembrare più distaccato dall’Italia, mentre la Francia di contro rafforza la sua presenza in tutto il bacino del Levante. La sua marina militare ha spesso operato al largo delle coste siriane, mentre le sue forze speciali sono impegnate nel nord della Siria rappresentando gli interessi strategici di Parigi in tutta la regione.
Nel frattempo, Macron si sta imponendo rispetto a Donald Trump come interlocutore privilegiato di Washington in Europa per quanto concerne il dossier più bollente per la Casa Bianca: l’Iran. Il capo dell’Eliseo sta facendo il possibile per trasformarsi nel grande regista dell’accordo tra Stati Uniti e Repubblica islamica. Un’altra arma, quella americana, da far valere per tutelare gli interessi transalpini a danno di quelli italiani in tutte le principali partite in corso.
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