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Dismissione frequenze tv, il governo si arrende: un’ingiustizia è stata sventata!

Pubblicato il 19/05/2020 12:45

Una polemica che aveva sollevato non pochi interrogativi, quella relativa alla dismissione delle frequenze tv, con tanto di modalità di indennizzo stabilite dal governo per la cessione allo Stato obbligatoria e volontaria, con termine stabilito per il 30 maggio. Gli emittenti locali, in sostanza avrebbero dovuto ridare indietro le frequenze ricevute in concessione per vent’anni dopo soltanto dieci, un passaggio che avrebbe fatto da premessa al lancio della rete 5G sul nostro territorio. Un passaggio inserito all’interno del decreto Rilancio e del quale, francamente, non si capiva il senso né l’urgenza. E che alla fine ha visto il governo costretto a fare un passo indietro.

Dismissione frequenze tv, il governo si arrende: un'ingiustizia è stata sventata!

Avevamo dato notizia, anche attraverso le pagine di questo sito, dell’assurda scelta dell’esecutivo giallorosso e delle feroci proteste dei concessionari. Che, alla fine, hanno avuto vinta la loro battaglia, grazie anche al senatore Gianluigi Paragone che ha portato la vicenda all’attenzione dei media. Alla fine, gli stessi gestori delle frequenze hanno potuto esultare: “Non ci sarà più alcun esproprio delle tv locali. Abbiamo svergognato il Mise e costretto il ministro Patuanelli e la sottosegretaria Liuzzi a fare retromarcia. Li abbiamo tanati!”.

Dismissione frequenze tv, il governo si arrende: un'ingiustizia è stata sventata!

A spaventare i concessionari era anche il fatto che l’indennizzo di cui si parlava nel testo era in realtà un oggetto misterioso del quale non era stata nemmeno chiarita la reale entità: “Pare assolutamente singolare che le emittenti debbano restituire le frequenze senza sapere quale indennizzo gli spetti e ancor più singolare appare il fatto che nella bozza di decreto Rilancio sia stato inserito un articolo che intenda stabilirne le modalità di calcolo peraltro in contrasto con le modalità finora adottate in altre occasioni, vedi dismissione banda televisiva nel 2012 e nel 2015”.

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Il riferimento era a una metodologia basata sui costi fissi e sul loro ammortamento basti sul numero e sulla tipologia degli impianti invece che sul numero di abitanti della Regione o della Provincia serviti. Un metodo sbagliato, insomma, per attuare una passaggio che sembrava, tra l’altro, tutt’altro che urgente in un momento in cui il Paese è alle prese con gli effetti di una pandemia nazionale. Per fortuna, però, le ragioni dei più deboli per una volta hanno prevalso. Bene però continuare a vigilare fino alla fine, perché certe manine sono molto pericolose…

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