Come si fa ad aumentare grandi quantità di metalli per accelerare la transazione energetica (costruendo auto elettriche, turbine eoliche, pannelli solari) senza però accrescere i consumi energetici e di conseguenza le emissioni di Co2? Ruota in gran parte attorno a questa domanda una delle sfide più ardue per contrastare i cambiamenti climatici. Un problema evidenziato dalla Banca Mondiale in queste ore: entro il 2050, stime alla mano, sarà necessario decuplicare la produzione di litio e raddoppiare quella di nickel. In aumento anche quelle di rame e alluminio.
Con le vene minerarie in esaurimento, però, serviranno nuove tecniche a maggiore intensità energetica. Un problema che l’industria mineraria sarà costretta a prendere molto sul serio, visto anche il mutato clima nell’opinione pubblica sull’argomento anche sulla scia delle proteste di Greta Thunberg. Non a caso, molte aziende stanno correndo fin da subito ai ripari annunciando le rispettive strategie green.
Bhp Billiton ha annunciato la rescissione dei contratti per la fornitura di energia da carbone per passare alle rinnovabili, ,3 TWh l’anno di elettricità pulita arriveranno da Enel Generaciòn Chile per 15 anni a partire da agosto 2021 e altri 3 TWh da Colbùn per 10 anni da gennaio 2022. In questo modo, il colosso prevede di risparmiare il 20% sulla bolletta e giura di tagliare la Co2 emessa di 3 milioni di tonnellate l’anno a partire dal 2022.
In Cile, Paese che vede concentrate nel deserto di Atacama molte miniere, anche AngloAmerican aveva sottoscritto a luglio contratti con Enel Generaciòn, promettendo di utilizzare solo energia rinnovabile nelle attività estrattive a partire dal 2021. Ad aprire la strada era stata l’anno scorso Antofagasta, passando al fotovoltaico nella miniera Zaldìvar.
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