Hanno scontentato un po’ tutti, a destra come a sinistra, e non è stata intaccata più di tanto la vituperata legge Fornero. Le pensioni, per come sono state ridisegnate dalla legge di Bilancio 2024, inaspriscono i requisiti e la stessa legge Fornero è stata “peggiorata” o almeno così sostengono i sindacati e l’opposizione. Secondo le previsioni di Cgil, Fp e Flc in base a quanto previsto dalla Manovra del governo di Giorgia Meloni, ci sarà una perdita annua fino al 20% della retribuzione a carico di una parte dei futuri pensionati pubblici. Le tre sigle denunciano infatti “tagli pesantissimi” delle pensioni dei pubblici dipendenti, per l’articolo 33 della Manovra, che prevede la revisione delle aliquote di rendimento previdenziali per le pensioni liquidate dal primo gennaio 2024 e delle quote di pensione retributive in alcune gestioni previdenziali del comparto pubblico. La Cgil, in particolare, ha accusato il Governo di “fare cassa sulle pensioni dei dipendenti pubblici”. Il sindacato ha, dunque, confermare gli scioperi indetti a novembre insieme alla Uil per modificare la manovra. Perché un giudizio così critico? Esploriamo, nel dettaglio, le relative misure contenute nella manovra da circa 24 miliardi e declinata in 91 articoli, ora destinata allo studio delle Camere, partendo dal Senato. (Continua a leggere dopo la foto)
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La nuova Quota 103 e i dipendenti pubblici
Partiamo dalla nuova “Quota 103”, che non cambia nei requisiti – 62 anni di età e 41 anni di contributi – ma viene stravolta nei relativi criteri di calcolo: chi voglia andare in pensione in anticipo dovrà accettare un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno, con una conseguente riduzione dell’importo percepito. Secondo le simulazioni riportate da La Stampa, l’assegno potrebbe essere “tagliato” anche del 17-20%. La penalizzazione può raggiungere anche oltre il 20%, inoltre, dell’assegno per la quota retributiva per le anzianità retributive più basse. Ad essere interessati sono circa 700mila dipendenti pubblici che nei prossimi anni andranno in pensione. Secondo le stime dei sindacati, per una pensione di vecchiaia con decorrenza nel 2024, con 35 anni di contribuzione e 67 anni di età e una retribuzione di 30mila euro annui lordi, il taglio può raggiungere 4.432 euro all’anno, che, se a sua volta proiettato fino all’attesa di vita media, equivarrebbe ad un mancato guadagno pari a 70.912 euro. La rivalutazione sulla base dell’inflazione, inoltre, verrà garantita al 100% solo per le pensioni fino a quattro volte il minimo, poi scenderà al crescere dell’importo. Altro punto considerato critico: le misure note come Opzione donna e Ape sociale verranno – non di fatto ma sostanzialmente – cancellate per far spazio a un unico fondo con criteri più restrittivi. Con Opzione donna, nel 2024, potranno andare in pensione le donne che abbiano compiuto 61 anni di età entro il dicembre 2023, contro i 60 anni delle norme vigenti. Il requisito anagrafico è ridotto di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due. Servono inoltre 35 anni di contributi nel 2023. Il calcolo dell’assegno resta con il contributivo totale a vita, ovvero non aumenterà al compimento dei 67 anni di età. (Continua a leggere dopo la foto)
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Opzione donna e Ape sociale
Anche per l’ Ape sociale è prevista una netta stretta dei requisiti. Il requisito anagrafico per accedere a questo ammortizzatore sociale nel 2024 aumenta di 5 mesi, portando quindi l’età a 63 anni e 5 mesi. E diminuisce anche la platea: dal primo gennaio 2024, infatti, la bozza di Manovra cancella l’ampliamento delle categorie di lavoratori gravosi riconosciuto nel biennio 2022-2023 dalla legge numero 234 del 2021 e dalla legge numero 197 del 2022. Perderanno il diritto a prepensionarsi attraverso tale canale, dunque, le ventitré professioni incluse in seguito al rapporto della Commissione tecnica presieduta dall’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano. Si tratta, ad esempio, dei professori della scuola primaria e pre-primaria, magazzinieri, facchini, estetisti, portantini, artigiani, tecnici della salute. Restano invece le categorie dei disoccupati, caregiver, invalidi almeno al 74% e impegnati in lavori gravosi.
Le pensioni di anzianità
Per utilizzare l’Ape sociale servono 30 anni di contributi, oppure 36 per le categorie di lavoratori gravosi. La manovra non tocca i requisiti per andare in pensione, secondo quanto stabilito dalla cosiddetta legge Fornero, con i criteri ordinari. Resta quindi la pensione anticipata, che prevede, sino al 31 dicembre 2026, nessun vincolo anagrafico se si hanno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne, più 3 mesi di “finestra”. Il requisito contributivo può essere raggiunto anche in regime di cumulo ossia sommando, ai soli fini del diritto a pensione, la contribuzione accreditata presso gestioni previdenziali diverse, comprese le casse professionali. Dal 2024 tagli pesanti anche per chi dovesse lasciare il lavoro a 67 anni. Ancora secondo le stime della Cgil, citate dal quotidiano torinese, prendendo a riferimento una pensione di vecchiaia con decorrenza nel 2024 con 67 anni età e 35 anni di contribuzione, in questo caso il taglio può raggiungere, rispettivamente per retribuzioni da 30mila, 40mila o 50mila, la cifra di 4.432 euro, 5.910 euro o 7.387 euro.
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