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Confondono l’infarto con il Covid e la rimandano a casa. Muore qualche ora dopo

Pubblicato il 25/07/2022 21:01

Un fatto increscioso per l’intera sanità italiana: la paziente giunta al Pronto Soccorso aveva un infarto in corso, ma i medici le hanno prescritto Fluimucil e Toradol, diagnosticando sintomi da Covid. La tragedia è avvenuta a Formia, lo scorso 11 luglio. Si tratta di Lucia Chiarelli, 68enne, deceduta a causa della mancata diagnosi. A far valere le ragioni della vittima ci ha pensato il marito, Francesco De Vincenzo, che tramite una società specializzata nella tutela dei diritti dei cittadini, ha denunciato la superficialità del personale sanitario presso i carabinieri di Formia.
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Chiesto l’accertamento delle responsabilità

Sarà l’autorità giudiziaria a far luce sulla morte della paziente, avvenuta in casa sua, poche ore dopo le dimissioni. E’ stato chiesto dal marito e dalla società che lo assiste la disposizione di tutti gli accertamenti necessari per chiarire le cause del decesso, accertando le eventuali responsabilità dei medici che hanno avuto in cura la paziente. Raggiunto telefonicamente dal Corriere della Sera, il primario del pronto soccorso di Formia non ha voluto rilasciare dichiarazioni.
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Gli esami al pronto soccorso

Il fatto è avvenuto al pronto soccorso dell’ospedale Dono Svizzero di Formia. Lucia Chiarelli si era presentata al triage dicendo avere un forte dolore al torace, che si irradiava al braccio sinistro. La donna è stata sottoposta a una radiografia al torace e all’analisi per verificare livelli alterati delle troponine, enzimi i cui livelli si innalzano in caso di infarto. Dagli esami diagnostici, però, non sono emerse anomalie, e visto che la donna era risultata positiva al tampone per il Covid effettuato per prassi, la diagnosi è stata quella di «dolore torace in Covid positiva». Prima di mandarla a casa le è stato richiesto anche l’isolamento domiciliare vista la positività. Arrivata in pronto soccorso alle 8, è stata dimessa intorno alle 9,30.
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La morte dopo il rientro a casa

Lucia rientra a casa col marito, e lo manda in farmacia per procurarle i medicinali. Una volta rientrato in casa, l’uomo ha visto sua moglie crollare a terra. Viene subito allertato il 118, ma l’arrivo degli operatori sanitari ed i tentativi di rianimazione risultano essere inutili. Alle 11.31 viene constatato il decesso. Una tragedia che, secondo il marito, si poteva evitare se ci fosse stata maggior perizia nella diagnosi. La donna godeva di ottima salute e soffriva solo di ipertensione. Sabato 23 luglio, a dodici giorni dalla morte, il vedovo decide di intervenire per vie legali. Il marito ha richiesto che la salma della moglie venga riesumata per poter procedere all’autopsia. Successivamente, la Direzione regionale per la salute del Lazio ha disposto un audit clinico in merito al decesso, allo scopo di chiarire tutti i protocolli clinici adottati. L’azienda sanitaria locale si è detta a disposizione dell’autorità giudiziaria.

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