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L’Italia va all’asta: case battute a prezzi stracciati, a guadagnarci sono (solo) le società immobiliari

Pubblicato il 25/11/2019 13:21

Ne avevamo già parlato tante volte, sulle pagine de Il Paragone, di quella terribile trappola pensata appositamente per le famiglie italiane, costrette a fare i conti con la svalutazione degli immobili che finiscono all’asta grazie a delle procedure, di recente introduzione, che rendono possibile l’assegnazione per una cifra assai inferiore rispetto al valore dell’immobile. Un tema sul quale ha iniziato a battere in queste ore anche Milena Gabanelli, che attraverso le pagine del Corriere della Sera ha voluto fare il punto di una situazione tutt’altro che rosea.

Un viaggio in un mondo dove i prestiti a lungo termine sono sempre più rischiosi, considerando le condizioni economiche non proprio rosee e un mondo del lavoro sempre più incerto, e dove gli italiani si trovano costretti con disarmante facilità a veder finire all’asta i propri beni. Nel 2018 si sono accumulate 245.100 esecuzioni immobiliari, delle quali il 78% a uso residenziale. Incrociando questo dato con quello delle 578.646 abitazioni, ecco emergere la realtà di un Paese dove molte abitazioni finiscono all’asta perché il compratore non riesce più a pagare le rate del mutuo, con pignoramenti che negli ultimi 5 anni hanno coinvolto almeno 1,2 milioni di cittadini.

A complicare le cose, le riforme volute dal governo Renzi. Come sottolineano i dati dall’Astasy, i provvedimenti hanno avuto l’effetto di velocizzare le procedure di vendita all’asta grazie alla possibilità di applicare sconti fin da subito, penalizzando così i debitori. Un immobile che prima valeva 100 mila euro, per esempio, era in precedenza battuto alla cifra precauzionale di 110 mila. Ora, invece, va all’asta per 75 mila, con la legge che dà diritto all’offerente di presentare un’offerta più bassa del 25%. In totale, quindi, si assegna per circa 55/60 mila. E se l’asta dovesse andare deserta, ecco il valore scendere ancora, fino a toccare i 40/45 mila euro.

E così, alla fine della triste fiera, un debitore costretto a mettere all’asta la propria abitazione si trova a incassare soltanto il 45% del valore complessivo della casa, cifra alla quale va poi sottratto un 33% che vola via tra spese di giustizia e compensi per gli intermediari. La cifra che viene in tasca, solitamente, è così quasi sempre inferiore al debito da coprire: a quel punto scatta così il rischio del pignoramento del conto corrente o di altre proprietà, oltre alla segnalazione alla centrale rischi e l’etichetta di cattivo pagatore. Ci perdono tutti, insomma, tranne le società immobiliari, che acquistano a prezzi stracciati e rivendono a cifre in linea con il mercato. Le famiglie, quelle che versano lacrime e sangue, passano ovviamente in secondo piano.

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