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“Un bonifico di 5 euro dopo mesi di sacrificio”. La beffa dell’Inps al ristoratore

Pubblicato il 28/10/2020 10:50 - Aggiornato il 29/10/2020 08:10

Una realtà assurda, che interessa tantissimi lavoratori italiani ai quali il governo aveva promesso sostegno. Sostegno che è diventato un insulto. Accade a Roma che un lavoratore abbia ricevuto un bonifico dall’Inps di “appena 5 euro” con causale “integrazione al reddito Covid-19”, racconta la Repubblica. Nicolò, che lavora come manager in un ristorante nel centro di Roma, non saprebbe nemmeno dire se la cirfa irrisoria che ha ricevuto sia un conguaglio o il saldo di un aticipo già percepito. 

L’unica cosa certa è che, quel sostegno ricevuto l’8 ottobre che avrebbe dovuto coprire le due settimane tra il 14 e il 31 maggio, è una cifra troppo ridicola per poter essere considerata un sostegno reale. “Tanto valeva che l’Inps non pagasse niente. Da otto mesi facciamo sacrifici per tenere aperto, eppure danno la Cassa covid col contagocce e in ritardo. Adesso arrivano i contributi di maggio, per dire. Se poi le cifre sono queste, non so più cosa pensare…”, lamenta Nicolò. “Non riusciamo a capire cosa sia questo contributo né a cosa serva”. 

La cassa integrazione Covid, che era stata promessa dal Governo quando a marzo fu annunciato il lockdown, doveva compensare fino all’80% del netto della busta paga. Ma nella realtà dei fatti i primi bonifici hanno iniziato ad arrivare a metà luglio. “Sul conto corrente Nicolò non vede mai la stessa cifra: 500 euro, 600 euro, 350 euro. L’ultimo è stato da 5 euro. Almeno una decina di suoi colleghi ha ricevuto lo stesso bonifico. In un caso addirittura il compenso è stato di 2,80 euro”.

Quella della Cassa integrazione è stata una odissea e una presa in giro fin dall’inizio. “Solo per farci accettare la domanda abbiamo impiegato più di due mesi”, racconta Andrea Loreti, proprietario dei ristoranti Buvette, Dillà, Santovino, a Roma. “Sono laureato in giurisprudenza e ho fatto l’avvocato, eppure anche per me e per i miei consulenti le clausole apparivano oscure. Il Dpcm del governo non faceva chiarezza, più volte abbiamo inviato online la nostra pratica e il sistema l’ha rimandata indietro”.

La storia si ripete. Come può pretendere il governo che gli italiani, considerati i precedenti, si fidino delle loro dichiarazioni? Come può l’esecutivo privare della possibilità di lavorare se poi non vengono messe in campo misure per aiutare lavoratori e famiglie?