Di Gianluigi Paragone.
Il bis di Mattarella coincide con il punto di massima debolezza non solo del Parlamento ma soprattutto di una intera classe dirigente che non ha saputo elaborare il messaggio politico che arrivava dai cittadini italiani alle ultime elezioni politiche.
Il tema non è affibiare giudizi e pagelle a questo a quel capo di partito ma rinfacciare il groviglio che intrappola partiti, giornalismo, imprenditoria. Alle ultime politiche gli italiani mandarono un segnale chiaro: il cambiamento doveva cominciare fermando un sistema che toglieva forza a famiglie, lavoratori autonomi, professionisti e piccole imprese. L’allora successo del Movimento 5 Stelle e della Lega come prima forza all’interno del centrodestra fu il tributo a parole d’ordine antisistema, a predicazioni di rottura e di grande coraggio come la bocciatura totale dell’Unione Europea, la messa in stato di accusa di un sistema bancario retto da relazioni e salotti buoni.
I 5 stelle e Salvini vinsero col mandato preciso di rompere quella bolla che teneva imballata l’Italia. La maggioranza degli italiani bocciò in primis i tecnici salvatori della Patria e poi i loro servitori. La politica doveva ritornare al centro con tesi nuove a scapito di ciò che già con la rielezione di Napolitano era chiara: la Costituzione prima di tutto, la Sovranità del Popolo come stella polare. Con la riconferma di Mattarella rivediamo non solo il film – di per sé inopportuno – di una conferma al Quirinale, ma il totale tradimento del mandato elettorale e della volontà popolare.
Le critiche che stanno piovendo addosso a Salvini sono il conto di un voltafaccia volgare e inspiegabile. Il leader del Carroccio fu premiato per l’istinto corsaro e per la spregiudicatezza dell’azione politica, in queste ore al contrario ha dimostrato di avere smarrito l’istinto e di non riuscire a scollarsi di dosso la paura di restare fuori dai giochi. Come all’inizio di legislatura commise l’errore di far cadere il Governo gialloverde e non prevedere i giochi di Palazzo oggi la sua presunzione lo colpisce perché incapace di non essere all’altezza delle stesse dinamiche.
La legislatura nata sotto la stella della irriverenza contro il sistema si avvia all’ultimo giro premiando tre nomi altamente simbolici del sistema stesso: Mattarella al Colle, Mario Draghi a Palazzo Chigi e Giuliano Amato Presidente della Corte Costituzionale, con queste nomine il Palazzo si impermeabilizza rispetto alle crisi innervate nel Paese e svuota completamente l’anima dei partiti di maggioranza. Il Parlamento è stato scarnificato e onorerà il calendario della legislatura solo per l’agognata pensione dei Parlamentari, specie quelli che non verranno rieletti. Il metronomo della politica sarà scandito fuori dalle istituzioni e batterà un tempo di una nuova musica. I leader possono tradire ma non potranno mai ritenersi immuni dal giudizio del Popolo.