Adesso si discute soprattutto di nomi. E così, in questo momento, Draghi sta cercando di formare la sua squadra. Il problema è però nel mix che vuole creare tra tecnici e politici, e la voglia di tutti i leader – da Conte a Zingaretti – di entrare nella squadra con adeguate poltrone. Come riporta Il Messaggero nel totoministri di queste ore caldissime, “nel Pd c’è tutta, o quasi, l’uscente squadra di governo che trattiene il fiato. Da Franceschini a Gualtieri, passando per Guerini che devono fare i conti con la voglia del segretario del Pd Nico-la Zingaretti di trasferirsi in qualche ministero romano in modo da parare meglio la resa dei conti che si annuncia nei dem, ma se non verranno ammessi i leader potrebbe toccare ad Andrea Orlando”. (Continua a leggere dopo la foto)
“Nel M5S la richiesta del governo ‘politico e non tecnico’ è anche un chiaro riferimento alla necessità di avere congruo numero di poltrone in grado di accontentare tutte, o quasi, le anime del Movimento. Luigi Di Maio è l’uscente che ha forse più carte per poter restare a differenza di Conte la cui presenza renderebbe indigeribile per la Lega il sostegno. Ma se per Forza Italia scaldano i muscoli Antonio Tajani e Mara Carfagna, e poi ancora nomi come quello di Benedetto Della Vedova, Carlo Calenda e Bruno Tabacci, per la Lega scendono le quotazioni di Giancarlo Giorgetti e salgono quelle di figure più defilate della gestione Salvini”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Nei ministeri chiave, però, Draghi vuole vera discontinuità. E così per l’Economia “resta forte il nome di Ernesto Maria Ruffini, all’Istruzione l’ex segretario generale del Senato Antonio Malaschini. Alla Funzione Pubblica Luisa Torchia. Enrico Giovannini al Lavoro. Alla Giustizia l’ex presidente della Consulta Marta Cartabia. Per il ministero degli Esteri torna a circolare il nome di Elisabetta Belloni, mentre per la Sanità si parla di Ilaria Capua che dovrebbe sostituire Roberto Speranza anche perché Leu sembra orientata a restare fuori contestando la presenza della Lega”. (Continua a leggere dopo la foto)
Dei nomi dei ministri Draghi ne discuterà con il presidente della Repubblica a cui spetta il potere di nomina. “È quindi probabile che dalle rose che forniranno i partiti, Draghi sceglierà, ma poi sarà una sorta di ‘prendere o lasciare’ che comunque creerà ulteriori tensioni destinate però a scaricarsi subito non sul governo, ma dentro i partiti di una maggioranza tanto larga, quanto composta da partiti che non sembrano avere scelta”.
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