Rabbia e indignazione continuano a segnare le trattative sull’ex Ilva, con il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci che ha scelto di riconsegnare la fascia tricolore come segno di protesta di fronte alla gestione da parte dell’esecutivo del dossier. Un’iniziativa alla quale hanno poi fatto seguito le bandiere a mezz’asta e le colonne doriche listate di nero in segno di lutto per le vittime dell’inquinamento ambientale e le proteste dei cittadini, ancora sul piede di guerre dopo le tante promesse a vuoto dell’esecutivo negli ultimi mesi.
Un nervo particolarmente scoperto soprattutto per il Movimento Cinque Stelle, quello dell’Ilva. Con le rassicurazioni piovute costanti in tempo di campagna elettorale e poi trasformatesi puntualemente in delusione per chi, a quelle parole, ci aveva creduto. Ultimo passaggio in ordine cronologico, affidare anche la gestione dell’ex Ilva a Domenico Arcuri, il commissario dei commissari che continua a collezionare flop come niente fosse, dritto per la sua strada. Nonostante le proteste dei tarantini, la stada sembra ormai tracciata: Invitalia per conto del governo e ArcelorMittal firmeranno l’accordo per il coinvestimento dello Stato nell’azienda siderurgica.
Tante le tensioni delle ultime ore, con una videoconferenza convocata da parte del presidente della Regione Michele Emiliano alla quale avrebbero dovuto prendere parte tutte le parti in causa e poi però annullata a seguito di una richiesta della presidenza del Consiglio dei ministri “per ragioni organizzative”. Poco dopo, la decisione del sindaco di rimettere la fascia al prefetto, scelta imitata dal presidente della provincia Giovanni Gugliotti. “Spero che nelle prossime ore il governo rinsavisca – ha spiegato Melucci – e capisca che si deve sedere al tavolo con gli enti locali e progettare un futuro diverso per lo stabilimento. Di sicuro abbiamo presentato al prefetto che al governo deve arrivare forte questo dissenso. Non violento, pacifico, ma molto deciso”.
Il presidente della provincia Melucci ha spiegato che saranno tutti i sindaci jonici a rimettere le fasce perché “pensavamo di essere stati chiari, quando, in occasione dell’ultimo accordo, arrivammo a chiedere le dimissioni dei commissari perché non ci avevano coinvolto nella trattativa e nella discussione. Purtroppo ci siamo resi conto che non avevano capito niente. Vogliamo semplicemente che il governo si fermi e non chiuda accordi che non coinvolgono il territorio e che non vanno, secondo il nostro punto di vista, per le poche informazioni che abbiamo, nella direzione di salvaguardare la salute ed un modello di sviluppo equilibrato, sostenibile, per mezzo milione di residenti di questa provincia. Non parliamo solo dei lavoratori diretti Ilva, ovviamente dobbiamo tutelare interessi più grandi”.
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