Non era stata ammessa allo smart working e non le erano state assegnate mansioni alternative, è stata sospesa e senza stipendio. A seguito della scelta di non sottoporsi alla vaccinazione contro il Covid-19, una dipendente di una Asl torinese – peraltro impiegata nel settore dei Sistemi informatici e delle tecnologie integrate, senza contatti con pazienti e sanitari – è stata vittima discriminazione palese e abnorme. Una delle migliaia di casi del genere, ma ora l’azienda sanitaria è stata condannata a corrispondere per intero gli stipendi dovuti per l’intera durata del periodo di sospensione, dal primo gennaio al 2 novembre 2022, giudicata dunque illegittima: è quanto sancito dal giudice della sezione Lavoro del Tribunale di Torino, Lucia Mancinelli, lo scorso 12 settembre a conclusione del ricorso presentato dalla donna sospesa per inottemperanza all’obbligo vaccinale contro la Asl di Torino. La donna, assistita dagli avvocati Fabio Pansera e Valerio Savino, era stata assunta sin dal 2008 e ha sempre svolto funzioni essenzialmente amministrative in un edificio in cui, dunque, non poteva esservi alcun contato con pazienti, malati e degenti. (Continua a leggere dopo la foto)
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La sospensione
Dunque, per come è articolata la sentenza, si fa presente che il decreto legge 44 del 2021 che aveva esteso l’obbligo del vaccino a tutto il personale che prestava servizio in ambito sanitario, ovvero per chiunque lavorasse in “edifici, complessi e insediamenti urbanistici” in cui erano erogate prestazioni in regime di ricovero ospedaliero, ambulatoriale e residenziale, non poteva pertanto riferirsi alla donna, che appunto lavorava in un edificio che non prevedeva alcuna prestazione simile. La donna come lavora come coadiutore amministrativo: nello specifico si occupa di emettere ordini e liquidazioni, acquisire preventivi, curare i rapporti con fornitori e tecnici biomedici, come si legge su La Stampa. A novembre 2022, per via del decreto legge numero 162, lei e tutti i sanitari sono stati reintegrati sul posto di lavoro, ma in quei dieci mesi le richieste della donna di essere assegnata ad altra mansione o di proseguire l’attività in smartworking sono state rifiutate. La difesa della Asl si è resa protagonista di un clamoroso autogoal, poiché ah sostenuto che l’obbligo si estendesse al “personale che svolge a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa nelle strutture di cui all’articolo 8 ter del decreto legislativo del 30 dicembre 1992, numero 502”, intendendo per “strutture” non un luogo fisico, bensì il soggetto giuridico che gestisce servizi sanitari e socio sanitari. Non è così per il giudice Lucia Mancinelli, che nelle motivazioni rigetta la tesi della difesa della Asl e ribadisce che con “struttura” si intende il luogo fisico e non il soggetto giuridico. (Continua a leggere dopo la foto)
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La sentenza
La ricorrente non era da ritenersi assoggettata all’obbligo vaccinale, in ragione della sua mansione puramente amministrativa e della sua collocazione in un edificio che non prevede erogazione di prestazioni sanitarie, è dunque scritto nella sentenza, che ha parimenti accettato il ricorso della relativo al pagamento degli stipendi non corrisposti e al trattamento retributivo cui avrebbe avuto diritto nel periodo di sospensione.
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