Quaranta clienti al giorno, e i soldi guadagnati immediatamente investiti in crack. Uno scenario da incubo, e desta altrettanto sgomento sapere che chi si prostituisce per il crack può essere una ragazzina come una casalinga insospettabile, una professionista come una studentessa. La droga è trasversale a ogni fascia d’età e di censo. Il racconto delle giornate e delle notti torinesi, che girano attorno a questa sostanza, mette i brividi. Tra tutte le droghe esistenti, a parte l’eroina, il crack è forse la più deleteria, per il corpo e per la mente. La “cotta”, come è detta in gergo la cocaina cucinata, che chiamiamo crack, ha un effetto potente, ma molto breve: si esaurisce in un quarto d’ora/venti minuti e la dipendenza è quasi immediata, per non parlare dell’astinenza che può sfociare anche in psicosi violente, allucinazioni e terribili paranoie. Inoltre, brucia i polmoni. Quando, poi, lo si compra in strada, dunque cocaina già “cotta” ma tagliata con schifezze chimiche, l’elevatissima impurità della sostanza ne accresce il pericolo. (Continua a leggere dopo la foto)
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Sesso in cambio di crack
Il triste fenomeno delle crack houses delle metropoli USA degli anni Ottanta, ma anche di adesso, riviveva a Torino in un palazzo di via Urbino 33. Un non luogo in cui si è scoperto che Monique – quantomeno così si fa chiamare –, una donna transgender, gestiva clienti, pusher e tossicodipendenti/prostitute. Ieri si è concluso il filone dibattimentale del processo scaturito da una lunga indagine svolta dai carabinieri. Sul banco degli imputati c’erano i due presunti complici di Monique, condannata in abbreviato a due anni e otto mesi di reclusione e tremila euro di multa per sfruttamento della prostituzione. Notoriamente, Torino è la capitale del crack in Italia: è facilissimo trovarlo. Il racconto terribile che leggiamo su la Repubblica restituisce storie diverse, ma in fondo tutte uguali. C’era la ragazza che riusciva a stare quattro giorni consecutivi in questo alloggio fetido, per drogarsi e prostituirsi; la giovane madre che smontava dal lavoro e veniva “reclutata” per i festini organizzati da Monique con piglio imprenditoriale. C’era anche una studentessa di psicologia che dal tardo pomeriggio all’alba del giorno dopo incontrava 40 clienti, che equivalevano a 40 fumate. Tutte si prostituivano “a chiamata” nella casa di via Urbino e lì ricevevano la droga. (Continua a leggere dopo la foto)
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Altri dettagli angoscianti
Il sesso era spesso di gruppo, tra i pusher, le povere ragazze o donne invischiate nel crack e, quasi sempre, la stessa Monique. Altri dettagli angoscianti, che reperiamo nell’articolo: se la donna era in crisi d’astinenza, il suo corpo valeva di meno, nel senso che un rapporto sessuale poteva scendere anche sotto i 20 euro, quando di solito costava 50. “Ho conosciuto almeno dieci ragazze che si prostituivano per Monique”, nelle parole della studentessa di psicologia.
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